Aggiudicazione e verifica requisiti incompleta.
Il TAR Marche con la sentenza n. 312/2025 del 29 aprile, si è occupato della legittimità dell’aggiudicazione nell’ambito di una procedura aperta telematica nel caso in cui la verifica dei requisiti risulti ancora incompleta.
La ricorrente, in particolare, tra i propri motivi di impugnazione lamentava l’illegittimità della determina di aggiudicazione in ragione del fatto che come emerge da un documento istruttorio ad allegato alla stessa, il provvedimento è stato adottato senza che fosse stata prima completata la verifica del possesso in capo all’aggiudicataria dei requisiti di partecipazione alla gara.
Decidendo sull’appena citato motivo il TAR ha osservato che “in astratto, le censure in commento sarebbero fondate, visto che le pertinenti disposizioni del D.Lgs. n. 36/2023 e i principi generali che presidiano le procedure ad evidenza pubblica prevedono che l’aggiudicazione e la stipula del contratto siano subordinate alla verifica in capo all’aggiudicatario dell’originario (e perdurante) possesso dei requisiti di partecipazione” osservando, tuttavia che tali principi non risultano “inderogabili (si veda al riguardo la disposizione di cui all’art. 94, comma 3, del D.Lgs. n. 159/2011), anche in questo caso si deve tenere conto delle circostanze concrete che hanno connotato la presente procedura”.
Secondo il Collegio, infatti, una procedura di gara non può rimanere sospesa sine die per cause non imputabili né alla stazione appaltante né all’aggiudicatario e nel caso esaminato “a distanza di quasi nove mesi dalla richiesta e nonostante vari solleciti, neanche la stazione appaltante è ancora riuscita ad ottenere dalla Regione Lazio l’attestazione della regolarità - o, eventualmente, della irregolarità - della posizione” dell’aggiudicataria “rispetto agli obblighi di cui alla L. n. 68/1999 (il che, fra l’altro, conferma quanto detto in sede di esame del secondo motivo, poiché non si vede come avrebbe potuto la controinteressata ottenere il rilascio del certificato in tempi più rapidi di quelli che solitamente connotano i rapporti fra amministrazioni pubbliche” e, pertanto, non appaiono come cause imputabili all’aggiudicataria.
In conclusione il TAR evidenzia che “l’ordinamento prevede comunque istituti contrattuali adeguati ad evitare che l’amministrazione sia costretta a proseguire il rapporto contrattuale anche nel caso in cui dalle verifiche postume emergano a carico dell’appaltatore cause di esclusione, e nella specie la stazione appaltante si è avvalsa proprio di uno di tali istituti (ossia la clausola risolutiva espressa, ritenuta pienamente ammissibile dal giudice amministrativo - sul punto si veda la sentenza del T.A.R. Campania, Napoli, n. 6332/2024, richiamata nel provvedimento impugnato)” sottolineando che, probabilmente per un mero errore materiale, “nel documento istruttorio allegato alla determina di aggiudicazione è richiamato l’art. 1656 c.c., ma l’amministrazione intendeva riferirsi ovviamente all’art. 1456 c.c., il che si desume anche dal rimando alla prefata sentenza del T.A.R. Campania, nella quale è menzionato proprio l’istituto della clausola risolutiva espressa”.