ANAC accerta gravi irregolarità in un affidamento: proroghe illegittime e affidamenti diretti
L'Autorità Nazionale Anticorruzione ha pubblicato una delibera che evidenzia un caso emblematico di violazione sistematica dei principi di concorrenza negli appalti pubblici. La vicenda, che ha interessato un comune pugliese per quasi due decenni, rappresenta un esempio paradigmatico delle distorsioni che possono verificarsi nella gestione dei servizi pubblici locali quando vengono elusi i meccanismi di confronto concorrenziale.
La delibera evidenzia come l'amministrazione abbia fatto ricorso improprio all'istituto della ripetizione di servizi analoghi previsto dall'articolo 57 comma 5 lettera b) del decreto legislativo 163/2006. Tale procedura derogatoria richiede specifici presupposti: conformità a un progetto di base oggetto di gara aperta o ristretta, espressa previsione nel bando originario della possibilità di ricorrere alla procedura negoziata, e rispetto del termine massimo di tre anni dalla stipulazione del contratto iniziale.
Nel caso esaminato, nessuna di queste condizioni risultava soddisfatta. Il contratto originario non conteneva alcuna clausola che contemplasse la facoltà di procedere alla ripetizione di servizi analoghi, e la reiterazione degli affidamenti si è protratta ben oltre il termine triennale previsto dalla norma. Inoltre, l'affidamento è proseguito in favore della sola cooperativa mandataria, mentre il contratto originario era stato stipulato con un'ATI composta da tre soggetti.
Particolare rilievo assume nella vicenda l'applicazione del principio sancito dall'articolo 23 della legge 62/2005, che ha introdotto un divieto generale di proroga dei contratti pubblici. Come chiarito dalla giurisprudenza amministrativa, tale divieto mira a garantire il rispetto dei principi di concorrenza, trasparenza e parità di trattamento, imponendo all'amministrazione di ricorrere a procedure selettive ogni volta che intenda continuare ad esternalizzare un servizio.
Il nuovo Codice dei contratti pubblici ha mantenuto questo orientamento, prevedendo nell'articolo 120 comma 11 del decreto legislativo 36/2023 la possibilità di ricorrere alla cosiddetta "proroga tecnica" solo in casi eccezionali e temporanei, quando l'amministrazione abbia già avviato la procedura di scelta del contraente ma si trovi nell'impossibilità oggettiva di portarla a compimento nei tempi previsti.
Un aspetto particolarmente significativo della vicenda riguarda il ruolo delle criticità strutturali del canile come giustificazione per gli affidamenti diretti. L'Autorità ha rilevato come fin dal 2007 fossero presenti gravi problematiche igienico-sanitarie e impiantistiche, che hanno influenzato le scelte amministrative determinando "uno stallo decisionale e il ricorso sistematico a soluzioni temporanee".
Tuttavia, ANAC ha chiarito che tali difficoltà, pur comprensibili, non possono legittimare la violazione sistematica dei principi di evidenza pubblica. La giurisprudenza amministrativa ha costantemente affermato che le difficoltà organizzative e le situazioni di incertezza, essendo ampiamente prevedibili, non configurano quella "estrema urgenza derivante da circostanze imprevedibili" richiesta per l'affidamento diretto.
Particolarmente emblematica è la vicenda del project financing approvato nel 2015 ma mai realizzato. La proposta, presentata dalla stessa cooperativa affidataria del servizio, mirava a una riqualificazione complessiva della struttura attraverso investimenti privati da rimborsare mediante la gestione successiva. Tuttavia, tale iniziativa è rimasta in una fase di sostanziale inerzia fino al 2023, contribuendo al protrarsi degli affidamenti diretti.
Solo l'assegnazione di finanziamenti PNRR per oltre 3,7 milioni di euro ha sbloccato la situazione, portando all'affidamento dell'appalto integrato per la riqualificazione del canile e alla consegna dei lavori nel maggio 2025.
Un altro profilo critico evidenziato dalla delibera riguarda la determinazione del corrispettivo per il servizio. L'importo di 1,50 euro al giorno per cane, mantenuto pressoché costante per anni, è stato giudicato "sensibilmente contenuto rispetto alla natura e all'entità delle prestazioni richieste" e potenzialmente "inidoneo a garantire la corretta esecuzione di tutte le prestazioni oggetto degli affidamenti".
L'Autorità ha richiamato le indicazioni del Ministero della Salute, che già nel 2010 aveva suggerito un importo giornaliero oscillante tra 3,50 e 4,50 euro per garantire una corretta gestione del servizio. La sottostima dei costi, oltre a compromettere la qualità delle prestazioni, rischia di determinare effetti distorsivi sul mercato, disincentivando la partecipazione degli operatori economici alle future procedure selettive.
La vicenda evidenzia altresì l'importanza della fase di progettazione dei servizi pubblici, come previsto dall'articolo 41 comma 12 del nuovo Codice. ANAC ha sottolineato come una corretta programmazione non possa prescindere dall'analisi dei fabbisogni, dalla definizione delle prestazioni richieste e dalla determinazione documentata del valore economico dell'appalto.
La mancanza di un'adeguata progettazione ha contribuito alla perpetuazione di un sistema di affidamenti basato su valori storici e prassi consolidate, piuttosto che su una valutazione analitica dei costi effettivi del servizio.
La delibera ANAC ha dato mandato di trasmettere gli atti al comune interessato per le valutazioni di competenza, con richiesta di aggiornamento sullo stato di avanzamento dei lavori di riqualificazione del canile. L'Autorità ha inoltre richiesto informazioni sulle iniziative che l'amministrazione intende adottare per superare le criticità evidenziate.
Il caso rappresenta un monito per tutte le amministrazioni pubbliche sull'importanza del rispetto dei principi di concorrenza e trasparenza negli appalti. Come evidenziato dalla giurisprudenza amministrativa, la violazione sistematica delle regole di evidenza pubblica non solo compromette l'efficienza della spesa pubblica, ma lede anche i diritti degli operatori economici e, in ultima analisi, l'interesse generale della collettività.
La vicenda dimostra inoltre come le difficoltà strutturali e organizzative, pur legittime, non possano giustificare la rinuncia ai principi fondamentali del diritto degli appalti. Al contrario, è proprio in presenza di tali criticità che diventa ancora più importante garantire procedure trasparenti e competitive, in grado di selezionare gli operatori più qualificati e di assicurare il miglior rapporto qualità-prezzo per la collettività.