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Autority censura gli affidamenti spl troppo lunghi e non correlati agli investimenti

L’Autorità Concorrenza e mercato, con Atto di Segnalazione n. 2096/2025, ha censurato l’eccessiva durata dell’affidamento concessa dal Comune per la gestione dei parcheggi.

Risulta infatti che l’Ente abbia affidato: i servizi di gestione dei parcheggi in struttura a cinque distinte società (di cui quattro private e una a prevalente partecipazione pubblica), con durate variabili tra i trenta e gli ottantacinque anni; la gestione delle farmacie comunali alla società mista AFAM S.p.A., per una durata di circa quarantacinque anni, tenendo conto della proroga medio tempore intervenuta (dal 21 febbraio 2001 al 31 dicembre 2045); il centro alimentare all’ingrosso alla società mista Mercafir S.c.p.A., per circa quarantuno anni, anche in questo caso tenendo conto della proroga medio tempore intervenuta (dal 1° febbraio 1989 al 31 dicembre 2029).

L’Autorità ritiene che le ragioni addotte dall’Ente siano inidonee a giustificare la lunga durata degli affidamenti in questione, in quanto estremamente generiche e prive dell’indicazione di specifici investimenti da cui derivi l’esigenza di ammortizzarne i costi.

Preliminarmente si reputa necessario rilevare che il necessario collegamento tra la durata dell’affidamento e gli investimenti a carico dell’affidatario (ora previsto dall’articolo 19 del d.lgs. n. 201/2022) rappresenta un principio immanente all’istituto della concessione di pubblico servizio che, come noto, è nato per apprestare servizi di pubblica utilità in carenza di adeguate risorse finanziarie per realizzare gli impianti e le infrastrutture necessari al loro svolgimento. Sin dalla c.d. legge di municipalizzazione (n. 103/1903) - che, insieme al Regio Decreto n. 2578/19255, ha regolato la gestione pubblica dei servizi locali in Italia per circa un secolo - veniva data specifica rilevanza al “riscatto”, la cui entità era commisurata al valore e alla durata della concessione, in favore sia del Comune concedente che del concessionario. Infatti, lato Comune, veniva bilanciato l’interesse pubblico (i.e. immediata assunzione del servizio) con quello del contenimento dei costi che il riscatto comporta e, lato concessionario, veniva garantita la remunerazione dell’investimento sostenuto per realizzare le opere.

Orbene, senza poter ripercorrere la successiva evoluzione normativa dell’istituto concessorio - che ha sempre confermato la necessità di parametrare la durata della concessione al valore degli investimenti - quello che qui preme sottolineare è che sin dalle sue origini la durata dell’affidamento avrebbe dovuto essere parametrata al capitale investito dal concessionario e alla necessità di una sua equa remunerazione. Pertanto, anche per gli affidamenti di lunga durata, disposti in epoca precedente al d.lgs. n. 201/2022, l’Ente era tenuto a dimostrare la sussistenza di un effettivo collegamento tra durata dell’affidamento e remunerazione del capitale investito e non già sulla base del citato d.lgs. n. 201/2022 - di cui non si invoca un’applicazione retroattiva, in rispetto del fondamentale principio della certezza del diritto e dei diritti acquisiti dai concessionari - ma in virtù del principio generale sopra ricordato e vigente nel nostro ordinamento da epoca risalente.