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Avvalimento premiale per la certificazione della parità di genere: la giurisprudenza chiarisce i requisiti di validità

Il Consiglio di Stato, con una recente pronuncia della Sezione Sesta, ha affrontato una questione di particolare attualità nel diritto degli appalti pubblici: l'ammissibilità dell'avvalimento premiale per la certificazione della parità di genere e i requisiti necessari per la validità del relativo contratto.

La decisione segna un importante punto di svolta rispetto alla giurisprudenza di primo grado, riconoscendo espressamente la legittimità del ricorso all'avvalimento per dimostrare il possesso della certificazione della parità di genere di cui all'articolo 46-bis del decreto legislativo n. 198 del 2006.

Il Collegio ha evidenziato come il nuovo Codice dei Contratti Pubblici (decreto legislativo n. 36 del 2023) abbia operato un "cambio di impostazione" rispetto alla precedente disciplina, liberalizzando l'avvalimento premiale anche nella sua versione "pura", ossia finalizzato esclusivamente al miglioramento dell'offerta senza necessità di integrare requisiti di partecipazione mancanti.

L'orientamento trova conferma nell'articolo 108, comma 7, del nuovo Codice, che prevede espressamente l'attribuzione di maggior punteggio alle imprese per il possesso della certificazione della parità di genere, senza prescriverne il necessario possesso diretto.

Tuttavia, la pronuncia stabilisce rigorosi parametri per la validità del contratto di avvalimento premiale. Il Consiglio di Stato ha chiarito che, ai sensi dell'articolo 104, comma 1, secondo periodo, del decreto legislativo n. 36 del 2023, il contratto deve contenere "l'indicazione specifica delle risorse messe a disposizione dell'operatore economico" a pena di nullità.

Nel caso esaminato, il contratto è stato dichiarato nullo per l'estrema genericità del suo contenuto, limitandosi a formule tautologiche e prive di connotazione concreta. Il Collegio ha precisato che non è sufficiente il mero richiamo al certificato, ma è necessario individuare specificamente "le risorse umane e materiali, i protocolli organizzativi e i piani aziendali, espressione del know how specifico attestato dalla certificazione".

La decisione sottolinea come la severa verifica della specificità dell'oggetto dell'avvalimento premiale sia funzionale a garantire il perseguimento dell'obiettivo legislativo di promuovere l'inclusione e l'equità di genere nel settore delle commesse pubbliche. Come evidenziato nella pronuncia, è ormai tramontata una concezione meramente "contabilistica" dell'evidenza pubblica, che è diventata strumento di tutela di interessi pubblici ulteriori, tra cui l'uguaglianza di genere.

La sentenza fornisce importanti indicazioni operative per gli operatori del settore: in primis, è confermata la possibilità di ricorrere all'avvalimento premiale per la certificazione di parità di genere, superando le perplessità manifestate da parte della giurisprudenza di primo grado; il contratto di avvalimento deve dettagliare concretamente le risorse, i protocolli e le competenze messe a disposizione, evitando formulazioni generiche che potrebbero comportarne la nullità; l'avvalimento non deve risolversi in un'operazione meramente formale, ma deve assumere connotati di realtà e concretezza, con effettiva messa a disposizione del know-how specifico.

La pronuncia rappresenta un importante punto di equilibrio tra l'esigenza di favorire la partecipazione alle gare pubbliche e la necessità di garantire che l'avvalimento premiale non si traduca in un espediente puramente cartolare, confermando l'orientamento giurisprudenziale consolidato che ammette l'avvalimento delle certificazioni di qualità purché effettivo e sostanziale.