Comunità energetiche, la scelta societaria non è adeguata
La Corte dei Conti Lombardia, con parere n. 157/2025 ha rilevato che in merito alla scelta di taluni Comuni di costituire comunità energetiche rinnovabili in forma societaria, la giurisprudenza ha sottolineato che l'esito delle valutazioni in ordine alla stretta necessità dell'attività svolta dalla partecipata rispetto al conseguimento della finalità perseguita dall'ente partecipante è oggetto di motivazione analitica ai sensi dell'art. 5 TUSP.
La scelta di creare un organismo in forma societaria non può ritenersi aprioristicamente adeguata, per il solo fatto che le finalità di risparmio ed efficienza energetica perseguite sono meritevoli di tutela.
La prevalenza di moduli non societari ai fini della costituzione di comunità energetiche rinnovabili confuta l'affermazione circa la stretta necessità della società ai fini della realizzazione degli obiettivi istituzionali, che in concreto avrebbe potuto essere motivata con riferimento alla volontà della CER di favorire l'ingresso, quale socio finanziatore, di un investitore istituzionale. Il parametro di cui all'art. 20, comma 2, lett. b), TUSP - che considera oggetto di razionalizzazione le società prive di dipendenti o con un numero di dipendenti inferiore a quello degli amministratori, circostanza ritenuta dal legislatore indice presuntivo di inefficienza della gestione - mira a rafforzare il principio in base al quale le società partecipate da pubbliche amministrazioni devono rispondere a criteri di piena operatività ed effettività delle funzioni svolte, sul quale gli enti pubblici soci sono tenuti a vigilare. Un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti non è da considerarsi di per sé indice di inefficienza gestionale qualora agli amministratori non fossero riconosciuti compensi.