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Consigliere comunale e amministratore di società: quando scatta il conflitto di interessi

Una recente pronuncia dell'Autorità Nazionale Anticorruzione del 23 settembre 2025 ha fatto luce su una questione di crescente rilevanza negli enti locali: la configurazione del conflitto di interessi quando un consigliere comunale riveste contemporaneamente il ruolo di amministratore e socio di un operatore economico che partecipa a procedure bandite dal medesimo ente.

Il caso sottoposto all'attenzione dell'ANAC riguardava un consigliere comunale che, in qualità di amministratore unico e socio di una società, aveva personalmente presentato un'offerta per una procedura di concessione indetta dal proprio comune. La situazione presentava tutti gli elementi sintomatici di un potenziale conflitto di interessi: la duplice veste del soggetto, il coinvolgimento diretto nella presentazione dell'offerta e la sovrapposizione tra sfera pubblica e privata.

La disciplina del conflitto di interessi per gli amministratori locali trova il suo fondamento principale nell'articolo 78 del Testo Unico degli Enti Locali, che stabilisce l'obbligo di astensione per gli amministratori dalla discussione e votazione di delibere riguardanti interessi propri o di parenti e affini sino al quarto grado. La norma prevede un'eccezione per i provvedimenti normativi o di carattere generale, salvo i casi in cui sussista una correlazione immediata e diretta tra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell'amministratore.

Parallelamente, l'articolo 63 del TUEL disciplina le cause di incompatibilità, stabilendo che non può ricoprire la carica di consigliere comunale chi ha parte, direttamente o indirettamente, in servizi, somministrazioni o appalti nell'interesse del comune. Questa disposizione include espressamente amministratori o soci di imprese che partecipano a procedure indette dall'ente, estendendosi potenzialmente anche alle concessioni di beni pubblici quando comportino vantaggi economici o gestionali rilevanti.

Il quadro si completa con l'articolo 6-bis della legge 241/1990 sul procedimento amministrativo, che impone l'astensione in caso di conflitto di interessi, e con il principio costituzionale di imparzialità dell'amministrazione sancito dall'articolo 97 della Costituzione.

La giurisprudenza amministrativa ha sviluppato un approccio rigoroso nella valutazione del conflitto di interessi, considerandolo una fattispecie di pericolo che opera sul piano della mera potenzialità. Come chiarito dal Consiglio di Stato, il conflitto sussiste "quando il personale di una stazione appaltante o di un prestatore di servizi che, anche per conto della stazione appaltante, interviene nello svolgimento della procedura di aggiudicazione degli appalti e delle concessioni o può influenzarne, in qualsiasi modo, il risultato, ha, direttamente o indirettamente, un interesse finanziario, economico o altro interesse personale che può essere percepito come una minaccia alla sua imparzialità e indipendenza nel contesto della procedura di appalto o di concessione".

Il Consiglio di Stato ha precisato che la nozione di conflitto include non soltanto le ipotesi di conflitto attuale e concreto, ma anche quelle potenziali, distinguendo tra situazioni conclamate e tipizzate da un lato, e situazioni non conosciute o non tipizzate dall'altro, identificabili con le "gravi ragioni di convenienza".

Nel parere in esame, l'Autorità ha evidenziato come la situazione descritta configuri una potenziale ipotesi di conflitto di interessi, considerando tre elementi fondamentali: la qualità di amministratore unico e socio dell'operatore economico coinvolto, l'indizione della procedura da parte del medesimo ente presso cui il consigliere esercita la propria funzione istituzionale, e la presentazione diretta dell'offerta che rafforza l'elemento di coinvolgimento personale.

L'ANAC ha chiarito che in simili circostanze il consigliere comunale dovrebbe dichiarare formalmente la propria astensione da ogni fase della procedura, anche se non direttamente deliberativa, mentre l'operatore economico dovrebbe attestare l'assenza di condizionamenti o vantaggi indebiti. Qualora il conflitto sia ritenuto insanabile o tale da compromettere la parità tra concorrenti, l'ente appaltante può valutare l'esclusione dell'offerta presentata dal soggetto in conflitto, in base ai principi generali di imparzialità e buon andamento dell'azione amministrativa.

Per rafforzare le misure di prevenzione dei conflitti di interesse, l'ANAC suggerisce che i componenti degli organi politici si autovincolino al rispetto delle disposizioni del Codice di comportamento mediante dichiarazioni di impegno da rendere all'atto del conferimento dell'incarico. Tali dichiarazioni dovrebbero dare atto delle cariche ricoperte in enti o società private che svolgono attività nell'ambito territoriale comunale e che possono essere coinvolti in procedure indette dall'ente locale.

L'efficacia preventiva di queste dichiarazioni può essere potenziata attraverso la pubblicazione nella sezione "Amministrazione trasparente" per favorire forme di controllo diffuso, e la costituzione di un organo di controllo terzo legittimato ad esprimere pareri sulla configurabilità del conflitto di interessi e sul conseguente obbligo di astensione.

Il parere ANAC attribuisce un ruolo centrale al Responsabile della Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza (RPCT) dell'ente, che deve verificare l'effettiva applicabilità al caso concreto dei principi individuati dalla giurisprudenza. Questa valutazione deve essere condotta con riferimento alle specificità del caso, considerando che tutte le situazioni di conflitto richiedono un'analisi puntuale delle circostanze concrete.

La pronuncia dell'ANAC si inserisce in un contesto di crescente attenzione verso la prevenzione dei conflitti di interesse negli enti locali, dove la sovrapposizione tra ruoli pubblici e attività private può generare situazioni di compromissione dell'imparzialità amministrativa. La questione assume particolare rilevanza considerando la diffusione di situazioni in cui amministratori locali mantengono contemporaneamente attività imprenditoriali o professionali che possono interferire con l'esercizio delle funzioni pubbliche.

Il caso evidenzia l'importanza di una valutazione preventiva delle situazioni di potenziale conflitto e dell'adozione di misure organizzative idonee a garantire la trasparenza e l'imparzialità dell'azione amministrativa. La questione si inquadra inoltre nel più ampio tema della governance degli enti locali e della necessità di garantire standard elevati di integrità nell'amministrazione pubblica, in linea con i principi europei di buona amministrazione e con le raccomandazioni internazionali in materia di prevenzione della corruzione.