Contabilizzazione Bollo FatturaPA emessa da Poste Italiane in cerca di soluzione
In questi mesi sono pervenute diverse richieste di chiarimento sulle fatture emesse da Poste Italiane in regime di esenzione o esclusione in quanto, diversamente da molti altri fornitori, queste recano l'imposta di bollo di 2 euro non come operazione esclusa da IVA ai sensi dell'art. 15 DPR 633/1972 (codice N1), ricomprendendola così nel riepilogo per aliquota IVA, ma in "altri dati gestionali", facendola concorrere, successivamente, al totale del documento.
Il problema nasce dal fatto che l'impostazione adottata da Poste Italiane comporta dei disallineamenti in Piattaforma Certificazione Crediti e nei registri dell'Ente dovuti al mancato recepimento dell'importo del bollo.
In molti casi gli enti hanno quindi proceduto al rifiuto della fattura, ma Poste Italiane ha ribadito la correttezza della fatturazione anche a seguito di chiarimenti chiesti direttamente all'Agenzia delle entrate.
Va evidenziato che la compilazione della fattura da parte di Poste Italiane Spa è, in effetti, coerente con il tracciato di FatturaPA e le istruzioni del MEF in proposito (vedasi FAQ n. 48 pubblicata il 21 dicembre 2018 e aggiornata il 17 gennaio 2019) ancorché sulla "linea" da utilizzare la soluzione non sia univoca.
L’imposta di bollo è un’obbligazione solidale tra le parti. Di conseguenza, l’obbligo di assolvimento, di fronte all’Amministrazione finanziaria, ricade sia su chi forma il documento che su chi lo riceve. Come specificato però dalla Risoluzione 444/E del 2008, l’obbligo di apporre il contrassegno sulle fatture o ricevute è "a carico del soggetto che forma i predetti documenti e, quindi, li consegna o spedisce" (cioè chi emette la fattura). L’emittente può effettuare la rivalsa dell’imposta, cioè addebitare l’importo al cliente/committente. Di conseguenza, se il costo dell’imposta di bollo è posto a carico del cliente, l’importo di 2,00 euro dovrebbe essere indicato in fattura tra le operazioni escluse dall’ambito Iva in base all’art. 15 DPR 633/1972 in quanto spesa sostenuta da chi forma il documento "in nome e per conto" del cliente stesso. Chi emette la fattura elettronica, infatti, dovrà adempiere all’obbligo di versamento su base trimestrale, in base ai dati trasmessi al sistema di interscambio, come stabilito dal DM 17/6/2014. Il codice da indicare dovrebbe essere, quindi, N1.
Tuttavia, l’Agenzia delle entrate, per le spese anticipate in nome e per conto, ammette anche la possibilità di " …utilizzare il blocco "Altri dati gestionali", ricordandosi poi di aggiungere al valore del totale dell’importo del documento quello delle spese in argomento (si ricorda che il blocco "Altri dati gestionali" è selezionabile nella sezione in cui si inseriscono le descrizioni dei beni/servizi oggetto della cessione/prestazione)" (FAQ 51 pubblicata il 21 dicembre 2018).
Di conseguenza, l'Agenzia considera le soluzioni alternative ed entrambe valide, seppur l'interpretazione del bollo come spesa anticipata in nome e per conto è ampiamente avvalorata nella prassi operativa, anche antecedente all'introduzione della fatturazione elettronica.
In ogni caso, anche sulla base dello schema di regolamento ministeriale sui casi di rifiuto delle fatture elettroniche (si veda nostra precedente news), non trattandosi di erratta od omessa compilazione dei campi richiesti dallo schema di decreto (CIG/CUP es.) e di fattura corretta dal punto di vista fiscale (ovvero senza che debba dare origine a variazione ex art. 26 del DPR 633/1972), una fattura così compilata non potrebbe essere rifiutata dall'Amministrazione.
Non resta quindi che operare manualmente sulla Piattaforma certificazione crediti e/o sui registri dell'Ente, in modo da eliminare lo sbilanciamento "forzando" il dato, in attesa di chiarimenti a livello nazionale oppure di adeguamenti tecnici..