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Corte Costituzionale: IMU e immobili beni merce

Con sentenza n. 49/2025 del 17/04/2025, pubblicata in G.U. 23/04/2025 n. 17, la Corte Costituzionale si è pronunciata sulla questione di legittimità costituzionale dell’art. 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n. 214, sollevata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, sezione quinta.

Ricostruendo i fatti, la controversia nasce a seguito del ricorso di una società avverso l'avviso di accertamento, con il quale l’Ente impositore aveva richiesto il pagamento dell'IMU, per l’annualità 2012, relativamente ad immobili di proprietà della suddetta società, dalla medesima realizzati e detenuti al solo scopo di essere ceduti a terzi e non locati.

La società, presentando ricorso, sostiene di aver dimostrato che gli immobili, in quanto classificati come “beni merce”, fossero stati contabilizzati tra le rimanenze dello Stato patrimoniale e, invece, la Corte di Giustizia tributaria di primo grado aveva rigettato, sul punto, il ricorso, richiamando altre sentenze sulla questione riguardante la legittimità costituzionale della disciplina IMU, ratione temporis applicabile, nella parte in cui assoggettava ad imposizione gli immobili qualificati in bilancio come «beni merce», sebbene detenuti dall'impresa al solo scopo di essere ceduti.

Nel secondo grado di giudizio, la Corte di giustizia tributaria aveva sollevato dubbi sulla legittimità costituzionale, sostenendo che si violassero i principi di:

- capacità contributiva (art. 53 Cost.)

- uguaglianza tributaria e ragionevolezza (art 3 Cost.)

- coerenza con il quadro normativo, con riflessi sulla concorrenza

In questa sede, infatti, i giudici hanno ritenuto che possedere l’immobile destinato solo alla vendita non determinerebbe un indice di capacità contributiva per la società costruttrice.

Il tema, infatti, attiene all’idoneità del possesso di tali beni a costituire legittimamente indice di capacità contributiva e, dunque, titolo idoneo a giustificarne l'imposizione da parte dell’Ente.

Nell’analisi effettuata dalla Corte Costituzionale, si è ritenuto opportuno fare una ricostruzione dell’evoluzione normativa sugli immobili destinati dalle imprese esclusivamente alla vendita:

- con il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 (Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell’articolo 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), istitutivo dell’imposta comunale sugli immobili (ICI), nessuna disposizione al riguardo era prevista;

- con l’art. 3, comma 55, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), che ha modificato l’art. 8 del d.lgs. n. 504 del 1992, è stata inserita, nell’ultimo periodo del comma 1, una disposizione che prevedeva il pagamento dell’ICI in misura ridotta.

Quest’ultima disposizione è rimasta immutata fino al 2012, anno in cui gli artt. 8 e 9 del d.lgs. n. 23 del 2011 hanno previsto la soppressione dell’ICI, sostituendola con l’IMU, senza alcuna previsione relativa agli immobili costituenti “beni-merce”.

- Successivamente, l’art. 56, comma 1, del d.l. n. 1 del 2012, come convertito, ha introdotto nell’art. 13 del d.l. n. 201 del 2011, come convertito, una prima versione del comma 9-bis, applicabile all’anno d’imposta oggetto del giudizio a quo, ossia al 2012, che prevedeva una riduzione dell’IMU per i “beni-merce”.

- In seguito, con l’art. 1 del decreto-legge 30 novembre 2013, n. 133 (Disposizioni urgenti concernenti l’IMU, l’alienazione di immobili pubblici e la Banca d’Italia), convertito, con modificazioni, nella legge 29 gennaio 2014, n. 5, è stata abolita, per tutti gli immobili, la seconda rata dell’IMU per il 2013.

- In un secondo momento, il citato comma 9-bis è stato integralmente sostituito dall’art. 2, comma 2, lettera a), del d.l. n. 102 del 2013, come convertito, secondo cui, «[a] decorrere dal primo gennaio 2014, sono esenti dall’imposta municipale propria i fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita, fintanto che permanga tale destinazione e non siano, in ogni caso, locati».

- Infine, l’art. 1, comma 751, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022), tuttora in vigore, ha reintrodotto l’IMU sui “beni-merce” per gli anni 2020 e 2021, sia pure con un regime di favore, ma ha al contempo previsto che «[a] decorrere dal 1° gennaio 2022, i fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita, finché permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati, sono esenti dall’IMU».

La Corte, respingendo le questioni di legittimità, in relazione ai principi di ragionevolezza, uguaglianza tributaria e capacità contributiva, con ricadute sulla tutela della concorrenza ha affermato che:

la giurisprudenza costituzionale ha affermato che per «“capacità contributiva” ai sensi dell’art. 53 Cost., si deve intendere l’idoneità del soggetto all’obbligazione d’imposta, desumibile dal presupposto economico cui l’imposizione è collegata, presupposto che consiste in qualsiasi indice rivelatore di ricchezza, secondo valutazioni riservate al legislatore, salvo il controllo di legittimità costituzionale sotto il profilo della loro arbitrarietà o irrazionalità» (sentenze n. 34 del 2025 e n. 108 del 2023). Questa Corte ha inoltre affermato che «ogni prelievo tributario deve avere una causa giustificatrice in indici concretamente rivelatori di ricchezza» (ex plurimis, sentenze n. 34 del 2025, n. 60 del 2024 e n. 10 del 2023).

Con riferimento in particolare all’IMU, è stato osservato che trattasi di un’imposta sul patrimonio immobiliare, avente «come presupposto il possesso, la proprietà o la titolarità di altro diritto reale in relazione a beni immobili», che «riveste la natura di imposta reale e non ricade nell’ambito delle imposte di tipo personale, quali quelle sul reddito» (sentenza n. 209 del 2022).

Spetta al legislatore, nell’ambito della sua discrezionalità e nei limiti della non palese irragionevolezza, decidere in merito a eventuali esenzioni o agevolazioni relative a tale imposta.”

Dunque, per la Corte, ha ribadito che l’imposizione dell’IMU viene determinata dal possesso dell’immobile, (anche se non produttivo di reddito) in quanto ne scaturisce la capacità contributiva. E’ sufficiente il solo possesso/diritto reale dell’immobile a determinare l’obbligo tributario e non è rilevante, quindi, l’effettivo utilizzo che il proprietario decida di applicare all’immobile stesso.

Da ricordare che la stessa Corte, nella sentenza n. 60 del 2024, ha chiaramente espresso il principio che un immobile non costituisce un valido indice di capacità contributiva solo se è inutilizzabile per fatti estranei rispetto alla sfera di controllo diligente del proprietario, mentre nel caso oggetto del giudizio a quo la scelta di non utilizzare l’immobile è dipesa esclusivamente da una libera scelta dell’imprenditore.

Occorre inoltre ricordare che ciò che rileva è la possibilità di avvalersi delle facoltà proprie del diritto reale e non il loro effettivo esercizio.