Diritto di accesso del consigliere comunale deve comportare il minor aggravio possibile per gli uffici comunali
Il Ministero dell’Interno ha pubblicato in questi giorni il parere n. 41245 del 24.12.2024 in materia di diritto di accesso dei consiglieri comunali, che rileva il Viminale - deve avvenire in modo da comportare il minor aggravio possibile per gli uffici comunali e non deve sostanziarsi in richieste assolutamente generiche ovvero meramente emulative. In particolare:
Con nota pervenuta in data ..., il sindaco del Comune ... ha chiesto l'avviso di quest'Ufficio in materia di accesso agli atti. In particolare, in seguito alla richiesta di accesso agli atti di un consigliere comunale concernente le scritture contabili, le fatture, le lettere e i telegrammi spediti e ricevuti dall'ente, relativamente agli anni dal 2019 al 2023, è stato chiesto un parere in merito all'ammissibilità della richiesta in quanto gli atti da rilasciare riguarderebbero quasi 45.000 missive e 9.315 fatture. La Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi (in particolare, Plenum del 2.2.2010, del 23.2.2010 e parere del 5.10.2010), ha sostenuto che il "diritto di accesso" ed il "diritto di informazione" dei consiglieri comunali nei confronti della P.A. trovano la loro disciplina specifica nell'art.43 del decreto legislativo n.267/00 che riconosce ai consiglieri comunali e provinciali il "diritto di ottenere dagli uffici, … del comune, nonché dalle … aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del proprio mandato". La Commissione ha evidenziato che, secondo l'orientamento giurisprudenziale consolidato, è riconosciuta al consigliere comunale un'ampia potestà di accesso a tutte le notizie quando le stesse attengano ad informazioni inerenti allo svolgimento del mandato consiliare. È opportuno segnalare che il consigliere comunale per l'accesso agli atti ex art.43 del TUEL, sebbene non abbia l'obbligo di motivare le relative istanze, deve comunque presentare una richiesta di accesso che sia utile all'espletamento del proprio mandato.
Sul punto il Consiglio di Stato, con sentenza n.4792 del 22.6.2021, ha evidenziato che l'esercizio del diritto di accesso di cui all'articolo 43, comma 2, TUEL deve essere letto ed interpretato in stretto rapporto con l'art.42 del medesimo TUEL.; pertanto, il suddetto limite implica che il diritto di conoscenza del consigliere debba porsi in rapporto di strumentalità con la funzione 'di indirizzo e di controllo politico-amministrativo', propria del consiglio comunale. I dati e le informazioni di cui viene a conoscenza il consigliere comunale devono essere utilizzati solo per le finalità realmente pertinenti al mandato. Non è sufficiente, quindi, rivestire la carica di consigliere comunale per avere diritto all'accesso, ma è necessario, come prescritto dall'art.43 TUOEL, che la domanda muova da una effettiva esigenza del consigliere affinché tutte le informazioni e le notizie acquisite siano utili all'espletamento del proprio mandato. In merito, il TAR Veneto-sez.I, con sentenza del 29 aprile 2020, n.393, ha avuto modo di precisare che sono da ritenere non coerenti con il mandato dei consiglieri comunali le istanze di accesso che, per il numero degli atti richiesti e per l'ampiezza della loro formulazione, si traducano in un eccessivo e minuzioso controllo dei singoli atti in possesso degli uffici, in quanto siffatte richieste "... si configurano come forme di controllo specifico, non già inerente alle funzioni di indirizzo e controllo politico-amministrativo" demandate dalla legge ai consigli comunali (cfr. Consiglio di Stato-sez.V, 28 novembre 2006, n.6960). Occorre evidenziare che l'azione amministrativa deve ispirarsi al principio di economicità e, pertanto, nell'esaminare le domande di accesso, l'amministrazione deve tener conto della necessità di arrecare il minor aggravio possibile, sia organizzativo che economico, alla propria struttura. Sul punto, si segnala quanto espresso dal TAR Lazio-sez.I, con sentenza del 3 febbraio 2023 n.49, secondo cui "il diritto di accesso come concepito dal legislatore deve incontrare comunque un equilibrato rapporto in grado di garantire anche l'efficacia e l'efficienza dell'operato dell'amministrazione locale…". Il Consiglio di Stato-sez.V, con sentenza 3 febbraio 2022 n.769, ha precisato che "In ogni caso, quanto a contenuto, non si tratta di un diritto assoluto e senza limiti: lo si ricava dalla particolare funzione pubblica consiliare cui è servente questo tipo di accesso, che lo contiene nei termini dei definiti poteri del consiglio comunale (essendo l'accesso strumentale all'esercizio del mandato consiliare)". Il diritto del consigliere comunale all'accesso agli atti dell'ente locale ex art.43, c.2, d.lgs. n.267 del 2000 non è, dunque, incondizionato (Cons. Stato-sez.V, 11 marzo 2021, n.2089).
Dalla sopra citata sentenza n.769/2022 si evince che l'accesso agli atti da parte del consigliere, per essere funzionalmente correlato al migliore svolgimento del mandato consiliare, non deve incidere sulle prerogative proprie degli altri organi comunali, a necessaria garanzia delle funzioni che a questi (il sindaco e la giunta) e non al consiglio l'ordinamento attribuisce, nel quadro dell'assetto dell'ente. Inoltre, l'accesso agli atti non deve porsi in contrasto con il principio costituzionale di razionalità e buon funzionamento dell'azione amministrativa (art.97 Cost.).
Infine, il TAR Lombardia-Brescia, sez.I, con sentenza del 29 marzo 2021 n.298, ha precisato che il diritto di accesso dei consiglieri comunali deve avvenire in modo da comportare il minor aggravio possibile per gli uffici comunali (attraverso modalità che ragionevolmente sono fissate nel regolamento dell'ente) e non deve sostanziarsi in richieste assolutamente generiche ovvero meramente emulative, fermo restando tuttavia che la sussistenza di tali caratteri deve essere attentamente e approfonditamente vagliata in concreto al fine di non introdurre surrettiziamente inammissibili limitazioni al diritto stesso.
Alla luce del quadro normativo e giurisprudenziale sopra richiamato, si ritiene che nel caso in esame l'ente non possa accogliere la richiesta di accesso agli atti poiché l'accoglimento della stessa comporterebbe un aggravio per gli uffici comunali, ponendosi in contrasto con i principi costituzionali di cui all'art.97 Costituzione.