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Fondo di sostegno alimentare, indicazioni procedurali

L'ordinanza n.658 del 29 marzo 2020 di protezione civile recante "Ulteriori interventi urgenti di protezione civile in relazione all’emergenza relativa al rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili" prevede la possibilità per i Comuni di acquisire, in deroga al D.Lgs. 50/2016 buoni spesa utilizzabili per l’acquisto di generi alimentari presso gli esercizi commerciali contenuti nell’elenco pubblicato da ciascun comune nel proprio sito istituzionale oppure direttamente generi alimentari o prodotti di prima necessità.

La disposizione ha l'ovvia finalità di accelerare e semplificare al massimo le procedure per permettere ai Comuni di provvedere ai bisogni di prima necessità dei cittadini, anche se occorre dare una minima impostazione alle stesse e approfondire alcuni aspetti.

Il primo elemento che emerge è la deroga al Codice dei contratti pubblici. La deroga - disposta dalla protezione civile e quindi non da norma primaria - ha confini molto ampi non essendo limitata al tipo di procedura, bensì all'intero impianto normativo. Non solo, quindi, possibilità di affidamento diretto senza previa valutazione di preventivi o altro, ma anche deroga dall'acquisizione del CIG e della normativa in materia di tracciabilità dei pagamenti, nonché di verifica dei requisiti di cui all'art. 80 del Codice, compreso il DURC. Una simile impostazione andrebbe supportata da un intervento normativo, considerato anche il diverso tenore utilizzato dal D.L. 18/2020, all'art.99, per l'utilizzo delle donazioni alla protezione civile (dove si prevede un affidamento diretto sottosoglia, ma non una totale esclusione). In ogni caso, il possesso di requisiti di onorabilità e professionalità appare, in realtà, un principio immanente nell'ordinamento, sicché si ritiene che, in fase di convenzionamento con il soggetto (v. oltre), sarebbe auspicabile chiedere, almeno in autocertificazione, il possesso dei requisiti di cui all'art. 80.

La deroga assume contorni diversi a seconda dello strumento che si utilizza.

Nel caso di buoni spesa, che possono rientrare nell'ampia casistica dei c.d. "voucher sociali", l'ANAC ha precisato a suo tempo che le prestazioni fornite alla stazione appaltante, consistenti nella realizzazione, gestione e rendicontazione del sistema dei titoli di pagamento da spendere nel circuito dei soggetti convenzionati, rientrano negli appalti "ordinari". E' infatti disponibile sul MePA anche un bando ad hoc. Questa modalità di erogazione dei benefici è adatta alla gestione duratura delle politiche sociali e di sostegno alle famiglie, e richiede tempistiche di attivazione. Non sarà adottata in questa fase emergenziale, ma non si può escludere la stipula di convenzioni con un soggetto per la gestione dei buoni, es. nella forma dei buoni pasto o ticket restaurant, che consentono anche di fare la spesa. In questo caso, la deroga al Codice si concretizzerebbe con la possibilità di affidare il contratto direttamente, a prescindere dalla soglia. L'affidamento "unico" potrebbe giustificare, pur nell'urgenza, una minima impostazione pubblicistica, come l'acquisizione di un CIG e l'autocertificazione dei requisiti di legge.

Nel caso di acquisti di generi alimentari o di buoni spendibili presso singoli esercenti, si innestano ulteriori problemi applicativi, posto che il rapporto con singoli dettaglianti potrebbe complicare oltremodo l'acquisizione di CIG e DURC. Se il CIG potrebbe essere acquisito in forma unica attraverso la stipula di un "accordo quadro" con tutti gli operatori che parteciperanno ad un avviso pubblicato dal Comune, per ciascuno dovrebbe essere acquisito il DURC, almeno in sede di pagamento. In questo caso, le esigenze di celerità imporrebbero di gestire gli stessi come gli acquisti economali, che sono del tutto estranei al Codice dei contratti ed alla disciplina correlata, ma con un obbligo di rendicontazione. Sarebbe auspicabile, sul punto, un chiarimento di ANAC al fine di tutelare i funzionari nelle procedure.

Si evidenzia, peraltro, che l'emissione di buoni o l'acquisto diretto di generi alimentari altro non è che una forma diversa di erogazione di un contributo. Il rapporto infatti, se è vero che, specialmente in caso di acquisto diretto, si instaura tra comune ed esercente, riguarda in realtà il pagamento di beni per conto del cittadino, senza altra remunerazione. Trattandosi però di erogazione "in natura", l'acquisto in sé non può essere trattato come mero trasferimento, essendo correlato ad una fattura d'acquisto. In altri termini, l’assegnazione di buoni spesa o direttamente di derrate alimentari alle famiglie in difficoltà rappresenta giuridicamente un trasferimento in natura, ma contabilmente e fiscalmente per l’ente un acquisto di beni. Se il Comune fa un acquisto esterno, ricevendo fattura, si propende quindi per lo stanziamento in spesa al macroaggregato 3 acquisti di beni e servizi del Titolo I spesa corrente. Viceversa si costringerebbe l’ente ad un regolarizzo contabile con doppia registrazione sul macroaggregato 4 trasferimenti correnti e sul macroaggregato 3 acquisto beni e servizi, con giro sulle entrate extratributarie, che a nostro avviso sarebbe inutile e non sarebbe giustificato. Altra possibilità, rispetto all'acquisto di derrate alimentari o di buoni spesa, la stampa da parte del Comune di voucher nominativi di tagli diversi (ad esempio da 25 euro). In altri termini, il Comune, dopo aver individuato, mediante presentazione di domanda da parte dei cittadini, la graduatoria dei beneficiari consegnerà loro un buono complessivo diviso in tagli diversi per favorire l’acquisto da diversi esercenti che non siano necessariamente la grande distribuzione. In questo caso, poichè i negozianti, i supermercati ed altri aventi titolo, si presenteranno successivamente in Comune a chiedere l'equivalente in denaro, a fronte della prestazione effettuata direttamente verso i cittadini, è corretto utilizzare il macroaggregato 4 trasferimenti, Titolo I spesa corrente.

E' da segnalare, quindi, il trattamento fiscale dell'acquisto dei buoni o dei generi alimentari. L'acquisto diretto di generi alimentari dovrà essere fatturato dall'esercente al Comune con fattura elettronica ed in scissione dei pagamenti. L'acquisto di buoni, invece, non dovrà essere fatturato in regime IVA se si tratta di buoni "multiuso" ovvero per i quali non vi è la certezza, già al momento dell’emissione del buono-corrispettivo, del trattamento ai fini dell’IVA attribuibile alla corrispondente cessione di beni o prestazione di servizi. In questo caso, infatti, va emessa una nota fuori campo per l'acquisto dei buoni, mentre l'IVA sarà dovuta dall'esercente all'atto della vendita dei beni al beneficiario, con emissione di scontrino. Viceversa, nel caso di buono "monouso" ovvero che prevede la consegna di beni e servizi predeterminati, con IVA già nota, occorrerà emettere fattura nei confronti dell'Ente, in scissione dei pagamenti, mentre non sarà rilevante la cessione al beneficiario (V. da ultimo Risposta Agenzia delle entrate n. 10/2020).

Nel caso in cui, invece, si ricorra all'acquisto di "buoni pasto", la disciplina è quella dettata dal D.M. 7 giugno 2017, n. 122. La società emittente emetterà fattura fuori campo IVA nei confronti dell'Ente, mentre l'esercente emetterà scontrino nei confronti del beneficiario all'atto dell'acquisto, indicandolo come "corrispettivo non pagato" posto che, nel suo caso, l’esigibilità dell’imposta si verificherà al momento di emissione della fattura per i buoni ricevuti verso la Società emittente gli stessi (v. Risposta Agenzia delle entrate n. 419/2019)