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Illegittimo l’aumento della TARI dell’anno in corso per colmare debiti pregressi

È illegittima la deliberazione di Consiglio comunale con la quale si dispone l'aumento della TARI, computando tra i costi anche le perdite degli esercizi precedenti. È quanto ha stabilito la sentenza del Tar Sicilia, Sezione Terza, n. 2158/2019, che ha accolto il ricorso proposto da alcuni cittadini e imprese che hanno impugnato la deliberazione comunale che aveva stabilito la tariffa della tassa sui rifiuti per l'anno 2018, prospettando la violazione e falsa applicazione dell'art. 69, comma 2 del D.Lgs. n. 507/1993.
L’art. 1, comma 650, della l. 27 dicembre 2013, n. 147, chiarisce infatti che "La TARI è corrisposta in base a tariffa commisurata ad anno solare coincidente con un’autonoma obbligazione tributaria"; sicché la complementare regola fissata dal successivo comma 654 del citato art. 1 della l. n. 147/2013, secondo cui deve essere assicurato l’integrale recupero dei costi di investimento "e di esercizio relativi al servizio, […] ad esclusione dei costi relativi ai rifiuti speciali al cui smaltimento provvedono a proprie spese i relativi produttori comprovandone l'avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente") correttamente interpretato «va inteso nel senso che i relativi costi devono essere calcolati secondo il criterio della competenza (in forza del quale ogni costo rileva temporalmente in relazione al momento di maturazione del fatto gestionale sotteso), di modo che ogni tariffa annuale sia costruita in maniera da bastare a se stessa, e non nascere gravata da ulteriori oneri (estranei all’esercizio di competenza) […] le ipotesi di inserimento di costi riferibili ad anni precedenti nel Piano Economico Finanziario relativo all’anno successivo sono, infatti, eccezionali e derogatorie […] l’inclusione tout court di eventuali deficit accumulati in annualità pregresse sembra far ricadere i relativi costi su utenti attuali (es. nuovi residenti) del servizio che ben potrebbero non averne usufruito nell’anno precedente, e tanto in contrasto con la ratio del tributo de quo; [giacché] una diversa interpretazione potrebbe portare alla inammissibile conseguenza di avallare - in via ordinaria - eventuali comportamenti inerti della P.A., riversando ad libitum e sine die sulle tariffe delle annualità successive i costi - anche ordinari - di annualità pregresse» (T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. II, 23 febbraio 2017, n. 352).
Il comma 654 bis dell’art. 1 della l. 27 dicembre 2013, n. 147, poi, nel prevedere la possibilità che tra le componenti di costo della T.A.R.I. possano  essere considerati anche "gli eventuali mancati ricavi relativi a crediti risultati inesigibili con riferimento alla tariffa di igiene ambientale, alla tariffa integrata ambientale, nonché al tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES)", consente l’esclusivo recupero di crediti divenuti inesigibili afferenti a forme di prelievo tributario anteriori alla T.A.R.I. (T.I.A.1, T.I.A.2 e T.A.R.E.S.) e non invece ad annualità pregresse della stessa tipologia di tributo.
Ne consegue, secondo i giudici, che non emergono, neppure in astratto, ipotesi eccezionali legittimanti delle deroghe alle regole fin qui esposte, giacché i costi ut supra indicati costituiscono esiti prevedibili da coprire con i necessari ricavi derivanti, in base a una buona e oculata programmazione, dalla corretta e legittima determinazione della tariffa per l’anno precedente e dalla sua regolare e sistematica riscossione.
Inoltre, una diversa interpretazione – come sostenuta dalla difesa del Comune intimato – potrebbe portare all’inammissibile conseguenza di avallare, in via "ordinaria", eventuali comportamenti colpevolmente inerti/illegittimi della P.A., riversando ad libitum sulle tariffe delle annualità successive i costi, anche ordinari, inerenti ad annualità pregresse.
Deve, inoltre, evidenziarsi che gli equilibri di bilancio possono adeguatamente e prevedibilmente salvaguardarsi facendo ricorso all’art. 193, comma 3, della legge 18 agosto 2000, n. 267, che, in deroga all’art. 1, comma 169, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, consente all’ente di modificare, in sede consuntiva, le tariffe e le aliquote relative ai tributi di propria competenza con efficacia retroattiva.