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IMU- abitazione principale: la Corte Costituzionale si pronuncia

La Corte Costituzionale, nella sentenza 112 del 17/07/2025, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 8, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 (Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell’articolo 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), come modificato dall’art. 1, comma 173, lettera b), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato, (legge finanziaria 2007)», nella parte in cui stabilisce che «[p]er abitazione principale si intende quella nella quale il contribuente, che la possiede a titolo di proprietà, usufrutto o altro diritto reale, e i suoi familiari dimorano abitualmente», anziché «[p]er abitazione principale si intende quella nella quale il contribuente, che la possiede a titolo di proprietà usufrutto o altro diritto reale, dimora abitualmente».

Ricordiamo che era stata la Corte di Cassazione, con due ordinanze del 15 ottobre 2024, specificamente n. 244 e n. 245, a sollevare questioni di legittimità costituzionale per contrasto con gli artt. 3, 29, 31 e 53, primo comma, della Costituzione, nella parte in cui – nel subordinare l’esenzione di cui all’art. 1, comma 1, del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, recante «Disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie», convertito, con modificazioni, nella legge 24 luglio 2008, n. 126 (secondo cui è esclusa dall’imposta comunale sugli immobili di cui al d.lgs. n. 504 del 1992, l’unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo, per tale intendendosi quella considerata tale ai sensi del medesimo d.lgs. n. 504 del 1992) all’essere l’immobile adibito ad abitazione principale, «intendendosi per tale, salvo prova contraria, quella di residenza anagrafica» – stabilisce che «[p]er abitazione principale si intende quella nella quale il contribuente, che la possiede a titolo di proprietà, usufrutto o altro diritto reale, e i suoi familiari, dimorano abitualmente», anziché «quella nella quale il contribuente, che la possiede a titolo di proprietà usufrutto o altro diritto reale, dimora abitualmente».

Nello specifico, con Ordinanza n. 244 del 2024, la Corte rimettente riferiva che il Comune aveva proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Giustizia tributaria di secondo grado, con la quale il giudice aveva respinto i rispettivi appelli – quello principale, proposto dall’ente locale, e quello incidentale, limitatamente alla disposta compensazione delle spese del giudizio, proposto dalla contribuente – avverso la sentenza della Corte di giustizia tributaria di primo grado che aveva accolto il ricorso della contribuente avverso tre avvisi di accertamento, riguardanti l’imposta comunale sugli immobili (ICI) per gli anni 2009, 2010 e 2011, con i quali l’ente territoriale aveva disconosciuto il diritto a beneficiare dell’esenzione riguardante l’abitazione principale con riferimento all’immobile sito in detto Comune, di cui era comproprietaria al 50 per cento con il coniuge, non legalmente separato, il quale aveva però trasferito la propria residenza anagrafica, che si presumeva quindi costituire sua dimora abituale, in diverso comune.

Con Ordinanza n. 245 del 2024, la Corte aveva, invece, ad oggetto un ricorso per cassazione che il Comune aveva proposto avverso la sentenza della CGT di secondo, con la quale – in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di tre distinti avvisi di accertamento, riferiti alle annualità 2009, 2010 e 2011, per infedele dichiarazione dell’ICI con riguardo ad una casa di abitazione sita nel medesimo Comune – era stato accolto l’appello proposto dal contribuente nei confronti dell’ente impositore avverso la sentenza di primo grado resa dalla CGT di primo grado, che aveva respinto gli originari ricorsi. L’Ente impositore aveva chiesto che l’art. 8, comma 2, del d.lgs. n. 504 del 1992 fosse interpretato nel senso che, ai fini della spettanza della detrazione ICI prevista per le abitazioni principali, occorresse la prova da parte del contribuente che l’abitazione costituisse dimora abituale non solo propria, ma anche dei suoi familiari, non potendo sorgere il diritto alla detrazione ove tale requisito fosse riscontrabile solo per il medesimo.

La Corte di Cassazione, sezione tributaria aveva, dunque, rimesso le cause al Primo Presidente e questi le ha assegnate alle Sezioni unite in riferimento al quesito se, a seguito della decisione intervenuta in tema di imposta municipale propria (IMU) con la sentenza di questa Corte n. 209 del 2022, potesse ritenersi giuridicamente corretta e costituzionalmente orientata l’interpretazione dell’art. 8, comma 2, del d.lgs. n. 504 del 1992, come modificato dall’art. 1, comma 173, lettera b), della legge n. 296 del 2006, nel senso che l’esenzione dall’ICI debba essere riconosciuta anche nel caso di abitazione principale «nella quale il contribuente, che la possiede a titolo di proprietà, usufrutto o altro diritto reale», dimori abitualmente, quandanche senza i suoi familiari. (Ordinanze interlocutorie rispettivamente n. 5878 e n. 5870, depositate entrambe il 27 febbraio 2023).

La Corte Costituzionale, nel dichiarare l’illegittimità, ha sottolineato che bisogna tenere conto, in continuità con la sentenza n. 209 del 2022, che il concetto di abitazione principale assume il significato di luogo in cui il contribuente dimori abitualmente. In tal modo viene salvaguardata l’esigenza, da un lato, di attribuire il beneficio a tutti coloro che abbiano adibito l’immobile di cui siano possessori a dimora abituale e, dall’altro, di impedire che il possessore di una abitazione, ove non vi dimori, possa usufruire dell’esenzione.