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IMU: come calcolare i termini di decadenza

Con Ordinanza n. 8282 del 29 marzo 2025, la Corte di Cassazione ha sottolineato che, per delimitare dal punto di vista temporale l'esercizio del potere impositivo, è necessario distinguere due diversi dies a quo dai quali iniziare il computo del termine di decadenza previsto per i tributi locali.

La controversia esaminata dai giudici, vede una società contribuente impugnare la sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado che aveva rigettato il ricorso di parte ricorrente avverso l’avviso di rettifica IMU per l’anno 2012 emesso dall’Ente impositore ritenendo infondata l’eccezione di decadenza.

Nello specifico, la società lamentava la tempestività dell’avviso di accertamento emesso dall’Ente, nonostante fossero decorsi i termini decadenziali.

La Suprema Corte, nell’esaminare i fatti, ha ritenuto fondamentale partire dall’analisi dell’art 1, comma 161, Legge n.296 del 2006 che prevede: “gli enti locali, relativamente ai tributi di propria competenza, procedono alla rettifica delle dichiarazioni incomplete o infedeli o dei parziali o ritardati versamenti, nonché all'accertamento d'ufficio delle omesse dichiarazioni o degli omessi versamenti, notificando al contribuente, anche a mezzo posta con raccomandata con avviso di ricevimento, un apposito avviso motivato. Gli avvisi di accertamento in rettifica e d'ufficio devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati. Entro gli stessi termini devono essere contestate o irrogate le sanzioni amministrative tributarie, a norma degli articoli 16 e 17 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, e successive modificazioni”.

Il legislatore, con tale disposizione, ha provveduto a definire che tutti gli avvisi di accertamento devono essere notificati al contribuente in un unico termine, previsto a pena di decadenza, «entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati».

Importante, dunque, indentificare il giorno dal quale considerare il temine di decadenza.

Premesso che, dal 2012, in materia di:

- versamento dell’imposta municipale propria (IMU), si prevede la possibilità del pagamento del tributo in un'unica rata il 16 giugno (art. 9, comma 3, d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23: “I soggetti passivi effettuano il versamento dell'imposta dovuta al comune per l'anno in corso in due rate di pari importo, scadenti la prima il 16 giugno e la seconda il 16 dicembre. Resta in ogni caso nella facoltà del contribuente provvedere al versamento dell'imposta complessivamente dovuta in unica soluzione annuale, da corrispondere entro il 16 giugno”.

- presentazione della dichiarazione IMU, si prevede che «i soggetti passivi devono presentare la dichiarazione entro il 30 giugno dell'anno successivo a quello in cui il possesso degli immobili ha avuto inizio o sono intervenute variazioni rilevanti ai fini della determinazione dell'imposta (...). La dichiarazione ha effetto anche per gli anni successivi sempre che non si verifichino modificazioni dei dati ed elementi dichiarati cui consegua un diverso ammontare dell'imposta dovuta» (art. 13, comma 12-ter, d.l. n. 201 del 2011 conv. in I. n. 214 del 2011).

Nel caso in cui il contribuente presenti una dichiarazione ed omettesse il versamento, per individuare il dies a quo, deve farsi riferimento al termine entro il quale il tributo avrebbe dovuto essere pagato.

Mentre, laddove il contribuente abbia omesso la presentazione della dichiarazione, per individuare il dies a quo, si deve fare riferimento al termine entro il quale egli avrebbe dovuto presentarla.

Conseguentemente, se ci troviamo in presenza dell’omesso versamento, ma il contribuente ha presentato regolarmente la dichiarazione, il primo dei cinque anni previsti dall'art. 1, comma 161, n. 296 del 2006, è quello successivo a quello oggetto di accertamento e nel corso del quale il maggior tributo avrebbe dovuto essere pagato.

Qualora, invece, mancasse la presentazione della dichiarazione, l’Ente impositore ha un termine più ampio per effettuare l'accertamento del tributo, dove il primo dei cinque anni previsti dall'art. 1, comma 161, l.n. 296 del 2006, è il secondo anno successivo a quello oggetto di accertamento. Tanto è vero che, per quanto riguarda l'IMU, è espressamente previsto come termine di presentazione della dichiarazione il 30 giugno dell'anno successivo a quello di inizio di possesso o di intervenuta variazione, rilevante ai fini della determinazione dell'imposta.

Nel caso in analisi, i giudici della Suprema Corte ritengono corretta la decisione della Corte di giustizia tributaria di secondo grado che “ha fatto riferimento alla presentazione di una dichiarazione di variazione nell’anno 2013 mentre la ricorrente non precisa se, come accertato dai giudici di appello, le u.i. che avevano formato oggetto di tassazione non ricadessero nella dichiarazione di variazione presentata (solo) nel 2013, da ciò discendendo che alla data della notifica dell’avviso (7 settembre 2018) il comune non era decaduto da suoi poteri impositivi”.

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