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In tutti i debiti fuori bilancio non si può riconoscere l’utile di impresa

In materia di riconoscimento di debiti fuori bilancio per lavori di somma urgenza di cui art. 191 comma 3 Tuel, ci si chiede che cosa succede se non vengono rispettati i termini indicati, ovvero dieci giorni (tempistica di prassi) per il RUP, venti giorni per la Giunta, trenta giorni per il Consiglio.

La norma dispone:

“Per i lavori pubblici di somma urgenza, cagionati dal verificarsi di un evento eccezionale o imprevedibile, la Giunta, entro venti giorni dall'ordinazione fatta a terzi, su proposta del responsabile del procedimento, sottopone al Consiglio il provvedimento di riconoscimento della spesa con le modalità previste dall'articolo 194, comma 1, lettera e), prevedendo la relativa copertura finanziaria nei limiti delle accertate necessità per la rimozione dello stato di pregiudizio alla pubblica incolumità. Il provvedimento di riconoscimento è adottato entro 30 giorni dalla data di deliberazione della proposta da parte della Giunta, e comunque entro il 31 dicembre dell'anno in corso se a tale data non sia scaduto il predetto termine. La comunicazione al terzo interessato è data contestualmente all'adozione della deliberazione consiliare”,

Emerge dagli orientamenti Corte dei Conti: se questi limiti temporali non vengono rispettati bisogna procedere con il riconoscimento del debito fuori bilancio ai sensi dell’art. 194 comma 1 lettera e) Tuel, che non dispone di lavori ma solo di beni e servizi, richiedendo la dimostrazione di utilità e arricchimento. Ma allora, il riconoscimento del debito potrà avvenire solo nei termini della dimostrata utilità ed arricchimento per l’ente, che non comprende l’utile di impresa.


Le domande poste dagli enti locali a tale proposito sono:

1.I termini di cui art. 191 comma 3 sono ordinatori o perentori? Come mai in altri casi la norma esprime la perentorietà (es. art. 175 comma 4 Tuel per le variazioni di bilancio di somma urgenza) e in questo caso non la esprime?

2.Perchè si parla di mancato riconoscimento di utile di impresa nel caso dei lavori pubblici di somma urgenza? Il principio vale anche per il riconoscimento di debiti fuori bilancio per acquisizione di beni e servizi?

Iniziamo a dare una risposta sintetica e poi lo spieghiamo con il ricorso a delibere Corte Conti.

1.i termini non sono perentori in senso stretto (cioè la loro inosservanza non comporta automaticamente l’invalidità del provvedimento), hanno natura ordinatoria rinforzata, nel senso che la loro violazione non invalida automaticamente l’atto, ma espone gli amministratori e i dirigenti a responsabilità amministrativo-contabile per l’eventuale ritardo e per danno erariale derivante da mancata tempestiva regolarizzazione.

2.l’utile d’impresa non può in alcun modo costituire un arricchimento per l’Ente, perché rappresenta la componente economica della controprestazione integrante il guadagno del privato. E’ ammesso solo nel caso del riconoscimento dei debiti fuori bilancio derivanti da lavori di somma urgenza solo se sono rispettati i termini (laddove l’attività gestionale sia mantenuta entro l’alveo temporale segnato dalla legge non v’è ragione che giustifichi la decurtazione dell’utile d’impresa – Corte Conti Sicilia delibera 121/2019).


Bisogna anche ricordare la modifica all’art. 191 comma 3 Tuel portata dall’art. 1 comma 901 Legge 145/2018: “All'articolo 191, comma 3, primo periodo, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 D.Lgs. 18/08/2000, n. 267, Articolo 191 - Regole per l'assunzione di impegni e per l'effettuazione di spese , le parole: « qualora i fondi specificamente previsti in bilancio si dimostrino insufficienti, » sono soppresse”. Quindi adesso non si riconosce il debito fuori bilancio solo nell’ipotesi in cui gli stanziamenti siano insufficienti; si procede comunque nel caso di mancato rispetto della procedura ordinaria di spesa.


Portiamo qualche dimostrazione concreta.


Corte dei Conti Emilia Romagna delibera 32/2011: l'art. 194 del T.U.E.L. (d. lgs. 167/2000) consente, infatti, la riconoscibilità della legittimità di un debito fuori bilancio per acquisizione di beni e servizi "nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l'ente, nell'ambito dell'espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza".

Al momento del riconoscimento, il Consiglio deve prendere atto, anzitutto, che l'obbligazione si riferisce a funzioni e servizi di propria competenza, per poi dichiarare l’effettiva utilità ricevuta dalla prestazione in termini di arricchimento per l'ente. L’accertamento della sussistenza dei predetti elementi attiene alla dimostrazione dell'effettiva utilità che l'ente ha tratto dalla prestazione altrui, in termini di misurazione dell'utilità ricavata dalla prestazione di beni o servizi eseguita dal terzo creditore. [L'arricchimento non deve essere inteso necessariamente come accrescimento patrimoniale, potendo questo consistere anche in un risparmio di spesa (Cassazione Civile, Sezione I°, 12 luglio 1996, n. 6332). Esso va stabilito con riferimento a criteri oggettivi ( ad es. la congruità dei prezzi andrà valutata sulla base delle indicazioni e delle rilevazioni del mercato o dei prezzari e tariffe approvati da enti pubblici a ciò deputati, o dagli ordini professionali). ]

Sull’argomento deve, altresì, richiamarsi il principio contabile n. 2, punto 98, Ministero dell’Interno - Osservatorio per la finanza e la contabilità degli Enti locali[footnoteRef:3]. [3: Principio contabile n. 2, punto 98: Il riconoscimento della legittimità dei debiti fuori bilancio ascrivibili alla lettera (e) dell’art. 194 del TUEL comporta l’accertamento della sussistenza non solo dell’elemento dell’utilità pubblica, nell’ambito dell’espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza, ma anche quello dell’arricchimento senza giusta causa. Ai fini del riconoscimento della legittimità dei debiti fuori bilancio ascrivibili alla lettera e) dell’art. 194 del TUEL la sussistenza dell’utilità conseguita va valutata in relazione alla realizzazione dei vantaggi economici corrispondenti agli interessi istituzionali dell’ente. Sono, comunque, da qualificarsi utili e vantaggiose le spese specificatamente previste per legge. L’arricchimento corrisponde alla diminuzione patrimoniale sofferta senza giusta causa dal soggetto privato e terzo che va indennizzato nei limiti dell’arricchimento ottenuto dall’ente ]

Tanto premesso, occorre precisare che il legislatore ha correttamente indicato il requisito dell’ “utilità” della prestazione, che deve essere accertata e dimostrata, “senza che si possa rinvenire nella legislazione una precisa nozione della fattispecie”[footnoteRef:4], demandando alla delibera consiliare di riconoscimento l’individuazione delle singole fattispecie e dei requisiti delle spese in questione, in un ottica di efficienza, efficacia e buona amministrazione. [4: Principio contabile n. 2, punto 90: L’elaborazione dottrinale e le pronunce giurisprudenziali conducono a considerare il debito fuori bilancio quale obbligazione pecuniaria riferibile all’ente, assunta in violazione delle norme di contabilità pubblica che riguardano la fase della spesa ed in particolare di quelle che disciplinano l’assunzione di impegni di spesa. ]

Da tale orientamento, condiviso anche da altre Sezioni regionali di questa Corte (cfr. deliberazione 67/2007/Par e 173/2009/Par della Sezione di Controllo per la Calabria; deliberazione 10/2008 /Par. della Sezione di Controllo per la Campania) il Collegio ritiene non sussistano sopravvenute argomentazioni giuridiche per discostarsene.

Con riferimento, poi, alla possibilità che il riconoscimento di debito possa comprendere anche ulteriori elementi come l’ “utile d’impresa” deve richiamarsi l’orientamento di questa Corte (Corte dei conti, Trentino Alto Adige, sezione giurisdizionale, 2 luglio 2008 n. 34) secondo cui l’utile d’impresa, in quanto rappresentativo della componente economica della controprestazione integrante il guadagno del privato, non può in alcun modo costituire, come tale, un arricchimento per l’Ente.


Corte Conti Piemonte Sezione giurisdizionale sentenza n. 123/2024: “il procedimento di riconoscimento di debito fuori bilancio – nella specie, comunque, non attivato – è diretto esclusivamente a sanare irregolarità di tipo contabile, rispondendo all’interesse pubblico alla regolarità della gestione finanziaria dell’ente, ma non può in alcun modo sopperire alla mancanza di un’obbligazione validamente sorta” (v., Cons. Stato, Sez. V, 28.12.2009, n. 8953; conf., TAR Sicilia – Catania, Sez. III, 27.2.2009, n. 435).

Per giurisprudenza consolidata della Suprema Corte di Cassazione (v., Cass., Sez. I, 2 aprile 2009, n. 8044), “il riconoscimento da parte dei Comuni, delle Province e delle Comunità montane di debiti fuori bilancio, ai sensi dell’art. 24 DL 2.3.1989 n. 66, consente di sanare gli impegni di spesa, assunti senza copertura contabile, ma non innova in alcun modo circa la disciplina applicabile alla stipula dei contratti della pubblica amministrazione, né introduce sanatoria di contratti nulli o annullabili per i quali è richiesta la forma scritta ad substantiam.”

Ad avviso della Sezione, oltre agli accertati inadempimenti, in difetto dei presupposti di legittimità per l’affidamento delle opere – sia sotto il profilo della somma urgenza che dell’assenza di una perizia giustificativa – l’inesistenza di un valido contratto tra l’Ente ed i soggetti terzi esclude la possibilità di poter far gravare le spese sostenute, peraltro, a vantaggio di privati, sul bilancio dell’Ente.

Con riguardo all’individuazione e quantificazione del danno, esso consiste nella spesa di euro 184.695,93 (euro 175.566,47 + euro 9.129,46), spesa sostenuta per la costruzione dell’opera, costo indebitamente accollato, per i motivi di cui sopra, al Comune di X, in difetto di obbligazione validamente perfezionata nei confronti dell’ente locale.


La Corte dei Conti Sicilia, con delibera n. 79/2024 ha affrontato quesito in merito all’applicazione dell’art. 191 comma 3 Tuel in materia di riconoscimento di debito fuori bilancio per lavori di somma urgenza.

In particolare, la richiesta di parere evidenzia dubbi sull’assimilazione dei due termini (venti giorni e trenta giorni) previsti dalla suddetta procedura, con specifico riferimento al termine di 30 giorni relativo al riconoscimento del debito da parte del Consiglio comunale; sul punto dubitativo, la richiesta di parere richiama la deliberazione/parere della Sezione Sicilia n.191/2019, laddove si evidenzia che in caso di violazione del termine dei 20 giorni (e non viceversa del termine successivo dei 30 giorni) il riconoscimento del debito debba avvenire secondo le modalità dell’art.194 TUEL lett. e) con decurtazione dell’utile di impresa.


Corte Conti Sicilia delibera 121/2019: il Collegio ritiene che il rinvio alle modalità previste dall’art. 194, lett. e) per il riconoscimento di detti debiti fuori bilancio non abbia valenza esclusivamente procedimentale ma anche sostanziale: tuttavia, laddove l’iter procedurale seguito dall’amministrazione si sia svolto nell’ambito dei ristretti termini previsti dalla legge, il riferimento alle “modalità” di cui all’art. 194 lett. e) è da intendersi nel senso che è sempre necessaria l’adozione della delibera consiliare con la quale riconoscere la spesa sostenuta per lavori di somma urgenza, purché strettamente attinenti alla rimozione dello stato di pericolo: in tal caso l’utilitas per l’amministrazione coincide con la spesa sostenuta come risultante dalla perizia tecnica e dal corrispettivo concordato consensualmente: ciò in quanto tale modalità procedurale, sia pure derogatoria rispetto all’ordinaria gestione contabile, è stata estesa dal legislatore, con la novella del 2018, all’intera materia dei lavori di somma urgenza e di protezione civile; pertanto, laddove l’attività gestionale sia mantenuta entro l’alveo temporale segnato dalla legge non v’è ragione che giustifichi la decurtazione dell’utile d’impresa.

La violazione di detti termini procedurali, invece, determina l’applicazione della disciplina sostanziale di cui all’art. 194, lett. e) come da consolidata giurisprudenza del giudice contabile: in tal caso il riconoscimento opererà esclusivamente nei limiti dell’utilità ricevuta dall’amministrazione mentre per la parte non riconoscibile (l’utile d’impresa) il rapporto obbligatorio intercorrerà tra il privato fornitore e l’amministratore che ha disposto la fornitura.


Corte Conti Lombardia delibera 380/2014: come chiaramente evidenziato dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione (11 settembre 2008, n. 23385), l’indennizzo ex art. 2041 c.c. deve essere parametrato alla sola “diminuzione patrimoniale” subita dall’impoverito, senza avere in alcuna considerazione il “guadagno sperato”, il cd. “utile di impresa”. L’Ente, dunque, avrebbe dovuto procedere al riconoscimento del debito, al netto del cd. “utile di impresa”, che avrebbe potuto eventualmente essere recuperata dal creditore, agendo direttamente nei confronti di chi ha disposto l’ordine in assenza del preventivo impegno di spesa in contabilità. AI FINI DELLA QUANTIFICAZIONE DEL PREDETTO “UTILE DI IMPRESA”, PUÒ FARSI RIFERIMENTO ALLA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA E DELLA CORTE DEI CONTI, CONSOLIDATASI IN TEMA DI DANNO ALLA CONCORRENZA. E’ STATO, AD ESEMPIO, AL RIGUARDO AFFERMATO CHE TALE UTILE SIA DA QUANTIFICARE IN “UNA PERCENTUALE DEL VALORE DELL’APPALTO, 10 % O 5 % A SECONDA CHE SI TRATTI DI APPALTO DI LAVORI O DI FORNITURE DI BENI E SERVIZI. Trattasi del criterio liquidatorio dell’utile d’impresa, che viene mutuato dalle cause di risarcimento per equivalente, nel caso in cui non sia possibile la reintegrazione in forma specifica della pretesa dell’impresa ricorrente vittoriosa. Esso muove dal presupposto della spettanza, al privato contraente a causa dei vizi della procedura ad evidenza pubblica, del solo arricchimento senza causa, ai sensi dell’art. 2041 c.c., in luogo del corrispettivo contrattuale. In applicazione di tale criterio, il danno (alla concorrenza), nel giudizio di responsabilità, viene individuato nei pagamenti eccedenti la quota riconducibile all’arricchimento senza causa, sicché l’utile di impresa rappresenta la misurazione di tale eccedenza" (Corte dei Conti Sez. Lombardia n. 598/2009).


Corte Conti Puglia delibera 60/2019: è stato richiesto alla Sezione se, ai fini del computo dell’utile del privato prestatore del servizio, fornitore del bene o dell’opera che non sarebbe riconoscibile in sede di riconoscimento debito fuori bilancio, possa applicarsi il criterio forfettario della riduzione della percentuale del valore del 10% per i lavori e del 5% per le forniture ed i servizi, così come ritenuto in diversi pareri delle Sezioni regionali di controllo, ovvero se occorra valutare caso per caso l’utile da escludere in ragione del tipo di prestazione, potendo risultare un utile volta per volta superiore ovvero inferiore ai predetti criteri forfettari, fatta salva, in ogni caso la congruità del compenso, la cui eccedenza rispetto al valore della prestazione resa costituirebbe importo comunque non riconoscibile.

La Sezione ritiene che tale criterio sia meramente presuntivo e, pertanto, nel caso in cui l’amministrazione abbia concreti elementi per ritenere che l’utile di impresa, nel caso concreto, possa discostarsi da tali parametri, sia in positivo che in negativo, ben possa procedere a scomputare dalla somma da riconoscere l’utile di impresa effettivo. A parere del collegio, tale interpretazione la si rinviene anche nella obiettiva circostanza che l’offerta economica, nell’attuale quadro normativo in materia di contratti pubblici, è soggetta o – meglio - dovrebbe essere soggetta, ad un’attenta analisi in ordine a tutte le sue componenti.

A parere del collegio, tale interpretazione la si rinviene anche nella obiettiva circostanza che l’offerta economica, nell’attuale quadro normativo in materia di contratti pubblici, è soggetta o – meglio - dovrebbe essere soggetta, ad un’attenta analisi in ordine a tutte le sue componenti. Ciò è espressamente previsto, ad esempio, nell’art. 97 del d.lgs. 50/2016 liddove sono indicati in casi in cui si debba procedere alla valutazione, ovvero all’esclusione automatica, delle offerte ritenute anomale; ciò non esclude, tuttavia, che l’amministrazione goda di ampia facoltà nel procedere alla valutazione facoltativa di un’offerta sospetta di anomalia.

Tale premessa si rende necessaria per evidenziare che, la componente relativa all’utile di impresa non è fissa, ma può variare di volta in volta ed è spesso oggetto di attenta valutazione da parte dell’amministrazione. In diversi casi, ad esempio, la giurisprudenza amministrativa ha ritenuto che un utile di impresa esiguo non è di per sé idoneo a determinare l’anomalia di un’offerta (per tutte C.G.A. 25 giugno 2018, n. 368).

Pertanto, questa Sezione ritiene possibile individuare una diversa quantificazione dell’utile di impresa solo in presenza di specifiche valutazioni, ovviamente effettuate ex ante, vale a dire prima della stessa esecuzione della fornitura e/o del servizio e/o dell’opera e delle quali l’amministrazione abbia la disponibilità, in base alle quali sia stato possibile individuare e valutare l’esatta composizione dell’offerta, ivi compreso le sue componenti inderogabili, al fine di vagliarne l’attendibilità, la conformità alle prescrizioni di legge e, da ultimo, l’effettivo utile di impresa conseguito dal prestatore d’opera, di servizi e di forniture


Corte Conti Basilicata delibera 5/2020: In presenza di lavori di somma urgenza per i quali non si sia rigorosamente rispettata la tempistica e tutte le condizioni procedimentali scaturenti dall’applicazione del combinato disposto di cui agli articoli 163 del D.lgs. n.50/2016 e 191 del D.lgs. 267/2000, è sempre necessario adottare una delibera per il riconoscimento dei debiti fuori bilancio in tal modo originati. Tanto in considerazione del fatto che, in tal caso, il rinvio alle modalità previste dall’art. 194, lett. e) per il riconoscimento di detti debiti non riveste una valenza esclusivamente procedimentale ma anche sostanziale con la conseguenza che , in tal caso, il riconoscimento opererà esclusivamente nei limiti dell’utilità ricevuta dall’amministrazione mentre per la parte non riconoscibile (l’utile d’impresa) il rapporto obbligatorio intercorrerà tra il privato fornitore e il funzionario che ha disposto illegittimamente il pagamento dell’opus .Laddove, invece , l’iter procedurale seguito dall’amministrazione si sia svolto nell’ambito dei ristretti termini previsti dalla legge, il riferimento alle “modalità” di cui all’art. 194 lett. e) è da intendersi nel senso che è sempre necessaria l’adozione della delibera consiliare con la quale riconoscere la spesa sostenuta per lavori di somma urgenza, purché strettamente attinenti alla rimozione dello stato di pericolo e in tal caso l’utilitas per l’amministrazione coincide con la spesa sostenuta come risultante dalla perizia tecnica e dal corrispettivo concordato consensualmente. Infatti tale modalità procedurale, sia pure derogatoria rispetto all’ordinaria gestione contabile, è stata estesa dal legislatore, con la novella di cui all’art. 1, comma 901, della legge n. 145 del 2018, all’intera materia dei lavori di somma urgenza e di protezione civile : pertanto, laddove non solo l’attività gestionale ma l’intero procedimento si sia mantenuta entro l’alveo temporale segnato dalla legge non v’è ragione che giustifichi la decurtazione dell’utile d’impresa.