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La mobilità del personale non è più neutra

La Corte dei Conti Emilia Romagna, con deliberazione 32/2020, ha risposto al quesito di ente locale in materia di personale, basandosi sulla nuova normativa.

Il Comune istante, in merito alla copertura del posto vacante per autorizzazione mobilità volontaria in uscita ha chiesto alla Corte dei Conti:

I. Se sia possibile coprire il posto con procedura concorsuale essendosi conclusi con esito negativo i diversi avvisi di mobilità pubblicati?

II. In che casistiche le cessioni di mobilità volontaria possono essere considerate come equiparabili a quelle intervenute per collocamento a riposo?

III. E’ legittimo per un Comune sotto i 1.000 abitanti avente dotazione e organica di 10 posti di cui uno vacante per mobilità categoria C in base all’art. 1, comma 562, della legge n. 296/20061 e dell’art. 14, comma 7, d.l. n. 95/2012 , poi convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135/2012, procedere alla copertura del suddetto posto con procedura concorsuale anziché mobilità, vista la grave carenza di organico dell’ente che potrebbe comprometterne la funzionalità, tenuto conto che la disposizione di cui all’art. 14, comma 7, d.l. n. 95/2012 dovrebbe essere interpretata come principio di coordinamento della finanza pubblica, non direttamente applicabile agli enti di piccole dimensioni che in caso contrario vedrebbero gravemente pregiudicate le proprie funzioni fondamentali?

La Corte dei Conti ha subito evidenziato che il quadro normativo di riferimento in materia di personale è  nel frattempo mutato, per effetto dell’art. 33, comma 2 del DL n. 34/2019, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 58/2019, poi modificato dall’art. 17, comma 1-ter, DL n. 162/2019, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 8/2020.  A tale norma è stata data attuazione con l’emanazione del decreto 17 marzo 2020 della Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica, recante "Misure per la definizione delle capacità assunzionali di personale a tempo indeterminato dei comuni".

Il decreto individua: le fasce demografiche (art. 3); i relativi valori soglia prossimi al valore medio per fascia demografica (art. 4); le relative percentuali massime annuali di incremento del personale in servizio per i comuni che si collocano al di sotto del valore soglia prossimo al valore medio (art. 5); nonché un valore soglia superiore cui convergono i comuni con una spesa di personale eccedente la predetta soglia superiore (art. 6).

3.1. In base al citato art. 33, comma 2, del DL n. 34/2019, gli spazi assunzionali del personale a tempo indeterminato potranno dunque essere calibrati per ente, sulla base di uno specifico sistema di virtuosità dell’equilibrio finanziario configurato dalla norma e dal decreto ministeriale attuativo: i Comuni possono procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato, in coerenza con i piani triennali dei fabbisogni di personale, fermo restando il rispetto pluriennale dell'equilibrio di bilancio asseverato dall'organo di revisione, sino ad una spesa complessiva per tutto il personale dipendente (art. 2, comma 1, lett. a), al lordo degli oneri riflessi a carico dell'amministrazione, non superiore al valore soglia definito come percentuale, differenziata per fascia demografica, della media delle entrate correnti relative agli ultimi tre rendiconti approvati, considerate al netto del fondo crediti dubbia esigibilità stanziato in bilancio di previsione.

3.2. Con specifico riferimento alla disciplina previgente (art. 1, comma 562, l. n. 296/2006), l’art. 7 del citato decreto 17 marzo 2020 dispone che "La maggior spesa per assunzioni di personale a tempo indeterminato derivante da quanto previsto dagli articoli 4 e 5 non rileva ai fini del rispetto del limite di spesa previsto dall'art. 1, commi 557-quater e 562, della legge 27 dicembre 2006, n. 296".

3.3. Deve aggiungersi che, a differenza di quanto espressamente previsto dal citato art. 1, comma 562, la nuova disciplina non fa più riferimento ad un "limite di spesa" e cioè all’ammontare della spesa complessiva per il personale sostenuto dall’ente nel 2008, con esclusione degli oneri relativi ai rinnovi contrattuali (cfr. Corte conti, Sez. aut. n. 4/SEZAUT/2019/QMIG), ma individua una diversa modalità di governo della spesa corrente per spesa di personale, e cioè una "facoltà assunzionale" dell’ente calcolata sulla base di un valore di soglia, definito come percentuale, differenziata per fascia demografica, della media delle entrate correnti relative agli ultimi tre rendiconti approvati dall’ente, calcolate al netto del fondo crediti di dubbia esigibilità (FCDE).

Si tratta dunque di una diversa regola assunzionale con la quale viene indirettamente sollecitata la cura dell’ente nella riscossione delle entrate e la definizione, con modalità accurate, del FCDE. Sicché, nel momento in cui l’ente procederà a bandire una procedura per l’assunzione di una o più unità di personale a tempo indeterminato occorrerà verificare se sussistano gli spazi assunzionali consentiti dal valore di soglia di spesa come sopra disciplinato. L’omesso riferimento agli "oneri relativi ai rinnovi contrattuali" (espressamente escluso dal limite di spesa previsto dall’art.1, comma 562) appare del tutto coerente con la nuova modalità di governo della spesa introdotta dal legislatore; infatti, mentre lo spazio assunzionale consentito all’ente va calcolato sulla base della descritta disciplina, il controllo sulla copertura e sulla compatibilità dei costi quantificati del Ccnl per il comprato Regioni Enti locali con gli strumenti di programmazione e di bilancio seguirà le regole proprie stabilite dagli artt. 40 del d.lgs. n. 165/2001 per i controlli finanziari previsti in relazione agli oneri recati dai rinnovi contrattuali. Sotto questo profilo, le due modalità di determinazione della spesa per assunzioni a tempo indeterminato (quella prevista dal comma 562 e quella introdotta dal DL n. 34/2019) nella sostanza coincidono.

3.4. Elemento differenziale da segnalare è dato anche dalla non riconduzione dell’Irap tra le spese da prendere in considerazione per quantificare le spese del personale (art. 2, comma 1, lett. a, del d.m.); si tratta, tuttavia, di una differenza da ritenere coerente con il diverso modello di governo delle assunzioni da parte dei comuni sopra descritta che, anziché prevedere un limite di spesa, e cioè un parametro economico, di stock, a carattere rigido (come quello di cui al citato art.1, comma 562), stabilisce una diversa modalità di calcolo dello spazio assunzionale dell’ente, facendo riferimento ad un parametro finanziario, di flusso, a carattere flessibile.

La peculiarità del nuovo parametro è dunque la flessibilità che in una situazione fisiologica (e dunque al netto di quella contingente, eccezionale e di emergenza) responsabilizza l’ente sul versante della riscossione delle entrate il cui gettito medio nel triennio potrà, se in aumento, offrire anche ulteriori spazi assunzionali.

3.5. Tenuto conto di quanto precede, i quesiti sub I e III vanno risolti in base alla normativa descritta nel punto 3 della presente deliberazione.

4. Il quesito sub II, tenuto conto del contesto e delle finalità cui intende fare riferimento l’Ente, va risolto nel senso che, ai fini della sostituzione di nuovo personale in uscita per mobilità, il Comune potrà valutare la sussistenza dello "spazio assunzionale" alla luce dei criteri introdotti dalla nuova normativa (cfr., precedente punto 3); sicché, il tema dell’equiparabilità della cessazione per mobilità a quella derivante da collocamenti a riposo può ritenersi assorbito dalle risposte fornite ai precedenti quesiti sub I e III.

5. Alla luce di quanto precede, la risposta ai quesiti sub I e III formulati dal Comune è indicata al precedente punto 3; la risposta di cui al quesito sub II è espressa alla lettera 4