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La valutazione del patrimonio culturale

Nella documentazione Accrual, la Ragioneria Generale dello Stato evidenzia che la valutazione del patrimonio culturale e artistico come bene heritage asset (da non confondere con i beni heritage item), se non è determinabile secondo il costo storico (capitalizzazione degli investimenti realizzati al fine di garantirne l’acquisizione, la conservazione e la fruibilità), può essere determinata, con analogo significato economico, come valore attualizzato dei ritorni netti, per lo Stato o altre pubbliche amministrazioni che ne detengono la titolarità, derivanti dallo sfruttamento economico del bene heritage. Procedimento di stima:

In primo luogo, la definizione di asset esprime un concetto economico, pertanto la stima dei ritorni netti dovrà, innanzitutto, fare riferimento ai flussi in entrata e uscita registrati secondo il criterio della competenza. Questi, a loro volta, dovranno approssimare, per quanto possibile, il concetto di ricavo e di costo propri della contabilità economica.

In secondo logo, data la durata infinita del bene heritage anche il periodo di sfruttamento economico dello stesso si estende su un analogo orizzonte temporale. A tal fine, i ritorni netti sono ipotizzati costanti nel tempo, a meno di un fattore di adeguamento legato alla crescita dell’economia.

In terzo luogo, al fine di determinare una struttura sufficientemente stabile dei flussi in entrata e in uscita, appare opportuno fare riferimento ai valori medi osservati su periodi superiori all’anno. La dimensione dell’intervallo temporale impiegabile dipende, ovviamente, dalla disponibilità dei dati. Tuttavia, pur in presenza di serie storiche sufficientemente lunghe, occorre assicurare un giusto contemperamento fra due esigenze contrapposte: da una parte quella di normalizzare il più possibile la componente “erratica” delle osservazioni puntuali, la quale si riduce ampliando il periodo di osservazione; dall’altra, quella di non dare eccessivo peso alle osservazioni più lontane nel tempo, in quanto progressivamente meno rappresentative della situazione corrente e futura.

Quest’ultimo aspetto diventa tanto più importante quanto maggiore è l’effetto esplicativo della variabilità intertemporale associata alla componente di trend.

In ultimo, ai fini della definizione del valore contabile di un bene patrimoniale è opportuno sommare due tipologie di flussi finanziari generati dall’uso del bene:

-flussi finanziari diretti, ovvero tutte le entrate legate alla fruizione del bene quali introiti derivanti dai biglietti d’ingresso, servizi aggiuntivi, ecc., al netto delle spese di gestione (es. spese di pulizia, di guardiania, utenze, ecc.);

-flussi finanziari indiretti, ovvero le maggiori entrate tributarie connesse all’economia generata dal bene artistico-culturale. Tali flussi indiretti si distinguono a loro volta in:

-flussi strettamente connessi al bene: ad esempio, imposte che generano flussi finanziari in entrata direttamente riconducibili al bene ovvero legate alla vendita di beni e all’erogazione di servizi (prevalentemente turistici) connessi al bene culturale, che non avrebbero avuto luogo in assenza del bene stesso (tasse e imposte che rientrano allo Stato-entità a seguito dell’economia sviluppata);

-flussi indiretti non strettamente connessi al bene: ad esempio, economia indotta generata dalla presenza del bene in una determinata area. I flussi finanziari indiretti rappresentano le maggiori entrate, per lo Stato o in generale l’entità pubblica titolare del bene. Per questi flussi, un’adeguata documentabilità del dato diviene una condizione imprescindibile affinché il relativo valore confluisca nell’informativa contabile (measurement) piuttosto che in quella descrittiva ed extra-contabile (disclosure).


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