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Nel processo tributario non si deve ribattere tutti i punti dell’opposizione

L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato sul proprio portale divulgativo Fisco Oggi una sentenza che riguarda l’amministrazione finanziaria centrale, ma che si presenta di interesse generale.

Il principio di fondo è il seguente: nel contenzioso fiscale, per il principio di non contestazione, quando l’ufficio chiede la conferma dell’atto impositivo, le argomentazioni del contribuente devono ritenersi implicitamente contestate.

Nel giudizio instaurato contro un avviso di accertamento, l’Amministrazione finanziaria non è tenuta a confutare “voce per voce” le ricostruzioni alternative del contribuente. È sufficiente la difesa dell’atto impositivo, che delimita il perimetro del processo e rende controverse le tesi avverse. È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, con Ordinanza n. 28665/2025, che è tornata a pronunciarsi su un tema di grande interesse per il contenzioso tributario, ossia l’applicazione del principio di non contestazione nel giudizio instaurato contro un avviso di accertamento.


Il caso

La vicenda prende avvio dal ricorso presentato da una società in liquidazione contro un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle entrate. L’ufficio, a seguito di una verifica fiscale conclusa con processo verbale di constatazione, aveva rettificato il reddito d’impresa dichiarato. A fronte di una perdita di circa 31mila euro, veniva accertato un reddito imponibile superiore a 123mila euro.

La Commissione tributaria provinciale di Siracusa aveva accolto parzialmente il ricorso, ritenendo che l’Amministrazione non avesse contestato in modo puntuale la ricostruzione analitica dei ricavi proposta dalla contribuente. Tale impostazione veniva confermata in appello dalla Commissione tributaria regionale della Sicilia, che ribadiva la necessità di una contestazione “voce per voce” delle argomentazioni difensive.

Contro tale pronuncia, l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per Cassazione, denunciando violazione e falsa applicazione dell’articolo 115 del codice di procedura civile, per avere i giudici di merito erroneamente ritenuto che l’ufficio fosse gravato da un ulteriore onere di allegazione oltre quello già assolto con l’atto impositivo.


La posizione della Cassazione

La Corte di legittimità ha accolto il ricorso dell’Amministrazione, chiarendo che, nel processo tributario, quando l’ufficio difende l’atto impositivo e ne chiede la conferma, le argomentazioni del contribuente devono ritenersi implicitamente contestate.

Richiamando il proprio orientamento, i giudici di legittimità hanno ribadito che il principio di non contestazione, pur desumibile dall’articolo 115 cpc, non comporta per l’Amministrazione finanziaria un obbligo di replica puntuale ai singoli elementi della ricostruzione difensiva del contribuente (Cassazione, pronunce nn. 23599/2024 e 19806/2019).

L’atto impositivo, infatti, costituisce già in sé la base del contraddittorio, contenendo l’indicazione dei fatti costitutivi della pretesa fiscale. In tale contesto, l’ufficio non è tenuto a introdurre nuovi elementi o allegazioni, essendo sufficiente che difenda la fondatezza dell’accertamento impugnato.

Secondo la Corte, la Ctr siciliana è incorsa in errore nel ritenere necessario che l’Agenzia confutasse dettagliatamente ogni singola voce della ricostruzione alternativa proposta dal contribuente. Un simile approccio, osserva la Cassazione, finirebbe per sovraccaricare l’Amministrazione di un onere non previsto dall’ordinamento.

Alla luce di tali considerazioni, la Corte suprema ha cassato la sentenza impugnata, rinviando la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione, per un nuovo esame della controversia e per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.


Conclusioni

La pronuncia in commento ribadisce che nel contenzioso tributario il principio di non contestazione non può trasformarsi in un aggravio probatorio per l’Amministrazione, la cui pretesa si fonda su un atto antecedente al processo. Tale chiarimento assume rilievo pratico per la gestione delle difese in giudizio, evitando interpretazioni che rischiano di alterare l’equilibrio tra le parti.