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Per gli interventi di somma urgenza è sempre obbligatorio il riconoscimento del debito fuori bilancio

La Corte dei conti, Sezione di controllo per la Regione siciliana, con deliberazione n. 121/2019/PAR, chiamata ad esprimere parere sull’interpretazione dell’art. 191, comma 3, del D.lgs. n.267 del 2000 (TUEL) a seguito della modifica recata dall’art.1, comma 901, della legge finanziaria n.145 del 2018, in materia di lavori di somma urgenza, e in particolare se pur in presenza di regolare copertura finanziaria della spesa, conferma l'obbligo di riconoscere come debito fuori bilancio i lavori di somma urgenza, per i quali non risulta possibile rispettare l'iter ordinario del procedimento di spesa e non già solo quando sull’apposito capitolo vi è insufficienza di fondi. 
La modifica normativa in questione, determina un cambiamento di rotta nell'interpretazione del terzo comma dell'articolo 191 del Tuel. Già con le deliberazioni n. 12/2013 e n. 22/2013, la Sezione regionale di controllo della Corte dei conti per la Liguria aveva espresso il proprio parere in merito, specificando come il riferimento alla carenza dei fondi in bilancio costituisse una deroga alla disciplina ordinaria, una sorta di "autorizzazione" da parte del legislatore a derogare in presenza di situazioni che richiedono un intervento immediato (somma urgenza) a tutela di interessi primari. 
Con la novella del 2018, invero, il regime derogatorio rispetto all’ordinaria procedura contabile è stato esteso all’intera materia dei lavori di somma urgenza e di protezione civile. 
Di conseguenza, la giunta è tenuta a sottoporre al consiglio dell'ente, entro venti giorni dall'ordinazione fatta a terzi, su proposta del responsabile del procedimento, il provvedimento di riconoscimento della spesa con le modalità previste dall'articolo 194, comma 1, lettera e), del TUEL, a prescindere dalla circostanza che il capitolo di spesa presenti o meno disponibilità finanziaria.
In altre parole, sarà necessario procedere sempre al riconoscimento consiliare delle spese derivanti per i lavori di somma urgenza apprestando la relativa copertura finanziaria, tuttavia solamente nei limiti delle necessità accertate per la rimozione dello stato di pregiudizio alla pubblica incolumità. 
Il provvedimento di riconoscimento deve essere adottato entro 30 giorni dalla data di deliberazione della proposta da parte dell'organo esecutivo e comunque entro il 31 dicembre dell'anno in corso se a tale data non sia scaduto il predetto termine. La comunicazione al terzo interessato è data contestualmente all'adozione della deliberazione consiliare.
Laddove, tuttavia, si verifichi la violazione dei termini procedurali di cui al comma 3 dell'art. 191 (mancato rispetto dei termini entro i quali la Giunta deve provvedere alla 
sottoposizione al Consiglio del provvedimento di riconoscimento del debito, ovvero mancata adozione del provvedimento consiliare di riconoscimento del debito fuori bilancio entro i successivi 30 giorni dalla data di deliberazione della proposta da parte della Giunta) si applica il successivo comma 4 e il  riconoscimento potrà essere adottato, ai  sensi dell’art. 194, comma 1, lett. e) ma "nei limiti degli accertati e dimostrati utilità e arricchimento per l’ente", mentre per la parte non riconoscibile (l’utile d’impresa) il rapporto obbligatorio intercorrerà tra il privato fornitore e l’amministratore che ha disposto la fornitura. 
Il profitto o utile d’impresa è rappresentativo della componente economica della controprestazione integrante il guadagno del privato e non può in alcun modo costituire, come tale, un arricchimento per l'Ente. Quindi l’ente provvederà a riconoscere e finanziare il debito fuori bilancio al netto di una quota a titolo di profitto d’impresa, valutabile dalla Corte dei Conti mediamente nel 10% dell’importo della fornitura/servizio e nel 5% dell'importo dell'appalto di lavori (Cfr. Corte dei conti, Sez. Lombardia, del. n. 380/2014; Corte dei conti, Sez. Emilia-Romagna, del. n. 32/2011).
Laddove, invece, l’attività gestionale sia mantenuta entro l’alveo temporale segnato dalla legge non v’è ragione che giustifichi la decurtazione dell’utile d’impresa.