Progressioni verticali in assenza di previa procedura di mobilità e scorrimento graduatoria, non sono sempre fonte di danno
La Corte dei Conti Molise, con sentenza n. 24/2025, ha affrontato ricorso presentato da soggetto anonimo avvero procedura di progressioni verticale
Secondo l’accusa Tali verticalizzazioni violano il tetto massimo fissato dall’art. 22, comma 15, del d. lgs. 75/2017, che così statuiva: “per il triennio 2018-2020, le pubbliche amministrazioni, al fine di valorizzare le professionalità interne, possono attivare, nei limiti delle vigenti facoltà assunzionali, procedure selettive per la progressione tra le aree riservate al personale di ruolo, fermo restando il possesso dei titoli di studio richiesti per l'accesso dall'esterno. Il numero di posti per tali procedure selettive riservate non può superare il 20 per cento di quelli previsti nei piani dei fabbisogni come nuove assunzioni consentite per la relativa area o categoria. In ogni caso, l'attivazione di dette procedure selettive riservate determina, in relazione al numero di posti individuati, la corrispondente riduzione della percentuale di riserva di posti destinata al personale interno, utilizzabile da ogni amministrazione ai fini delle progressioni tra le aree di cui all'articolo 52 del decreto legislativo n. 165 del 2001. Tali procedure selettive prevedono prove volte ad accertare la capacità dei candidati di utilizzare e applicare nozioni teoriche per la soluzione di problemi specifici e casi concreti. La valutazione positiva conseguita dal dipendente per almeno tre anni, l'attività svolta e i risultati conseguiti, nonché l'eventuale superamento di precedenti procedure selettive, costituiscono titoli rilevanti ai fini dell'attribuzione dei posti riservati per l'accesso all'area superiore”.
Il Collegio ha considerato che:
– i sopra citati dipendenti erano in possesso del titolo di studio del diploma di laurea, richiesto per l’accesso dall’esterno onde ricoprire la posizione professionale di cat. “D” secondo le disposizioni normative e contrattuali collettive di riferimento;
– essi hanno ricoperto un ruolo ed esercitato una prestazione professionale particolarmente qualificata (istruttori direttivi nel settore tecnico e di vigilanza) per l’effettuazione della quale era richiesto il possesso di uno specifico titolo di specializzazione;
– gli stessi hanno espletato una regolare e selettiva selezione, il cui contenuto appare conforme al dettato normativo, come riconosciuto anche dalla p.a. delegata dal p.m. per lo svolgimento dell’istruttoria contabile.
Ragion per cui, si ripete in assenza di contrarie allegazioni da parte della pubblica accusa o dell’amministrazione di appartenenza, deve reputarsi che l’attività svolta dagli indicati dipendenti abbia prodotto l’utilità che l’amministrazione si attendeva da essi in sede di stipula del contratto di lavoro, e che dunque gli stessi abbiano percepito un corrispettivo coerente con la qualificazione professionale posseduta e con il lavoro svolto. Di conseguenza, non sussiste la responsabilità amministrativa del convenuto in ordine a tali due verticalizzazioni per mancanza, in concreto, del danno erariale, potendo la relativa spesa considerarsi utilmente sostenuta dall’ente di appartenenza.
Secondo la Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti Molise, la responsabilità amministrativa non discende tout court dalla mera illegittimità degli atti amministrativi adottati i quali a tali fini ridondano in illiceità dei sottesi comportamenti.
Sulla base delle vedute argomentazioni il convenuto va ritenuto esente da responsabilità, anche se in base alle vincolanti prescrizioni di legge aveva l’obbligo di esperire le previe procedure di mobilità riguardo alle prime due procedure di verticalizzazione, e ha superato il tetto massimo previsto dalla legge e violato il divieto di scorrimento della graduatoria in merito alla terza progressione.