Tari: parcheggio pertinenziale
La Corte di Cassazione, con Ordinanza n. 8599 del 01/04/2025, in materia di tassazione dell’area adibita a parcheggio pertinenziale di un supermercato, ha sottolineato che non ha rilevanza la circostanza che le aree in esame, destinate a parcheggio, siano “operative” comportando la presenza dell’uomo, atteso che l’adibizione alla sosta gratuita di veicoli inevitabilmente implica la detta presenza.
La controversia, qui analizzata, vede l’Ente impositore impugnare la sentenza di primo grado, in quanto la Corte di giustizia tributaria, in materia di TARSU, aveva annullato gli atti impositivi emessi per le annualità 2013-2018 nei confronti di un supermercato, sostenendo (tra uno delle motivazioni) che “con riguardo al fatto che le aree di parcheggio prospicenti il supermercato in questione non potevano ritenersi aree produttive di rifiuti in base a quanto stabilito dallo stesso regolamento comunale”.
Nel secondo grado di giudizio, i giudici avevano rigettato il gravame, affermando che “oltre al fatto che non si poteva attribuire al contribuente l’omessa dichiarazione del 2013 se dal 1997 all’anno dell’accertamento nulla era cambiato nella destinazione delle aree, e che lo stesso Comune, avvalendosi dei margini di legge per la previsione di esenzioni, aveva stabilito nel proprio regolamento che fossero esentate le aree pertinenziali adibite alla sosta, tra le quali rientrava il parcheggio pertinenziale al supermercato della contribuente, come da dichiarazione del 1997. Aggiungeva che non si poteva ritenere che fosse necessario comprovare l’inutilizzabilità dell’area o l’assenza di presenze umane al fine di escludere la produzione di rifiuti, tanto più che tali elementi non erano richiesti nel regolamento stesso”.
Il Comune ha proposto ricorso per cassazione e il supermercato ha resistito con controricorso.
L’Ente, nelle sue motivazioni, deduce la violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 507/1993, del d.l. n. 328/1997 e del d.l. n. 8/1999, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 2) e 3), c.p.c., per non aver la Corte di giustizia tributaria di secondo grado considerato che l’art. 62, comma 2, del d.lgs. citato, nell’escludere all’assoggettamento al tributo, i locali e le aree che non possono produrre rifiuti per il particolare uso cui sono stabilmente destinati, esige che sia provata dal contribuente non solo la stabile destinazione dell’area ad un determinato uso (quale, nel caso di specie, il parcheggio), ma anche la circostanza che tale uso non comporta produzione di rifiuti, sicché la società contribuente è tenuta, a suo dire, a pagare la tassa per i parcheggi in quanto essi sono aree frequentate da persone e quindi produttive di rifiuti in via presuntiva.
Inoltre, lamenta la violazione, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 1 e 3, c.p.c., dell’art. 62, comma 2, d.lgs. n. 507/1993, per aver i giudici affermato, a suo dire erroneamente, che “non sia necessario comprovare l’inutilizzabilità dell’area o l’assenza di presenze umane al fine di escludere la produzione dei rifiuti, tanto che tali elementi non sono richiesti nel regolamento stesso”.
La Corte Suprema ha ritenuto i due motivi inammissibili e infondati.
I giudici hanno evidenziato che il Comune, avvalendosi dei margini di legge per la previsione di esenzioni, ha stabilito nel proprio regolamento che siano esentate le aree pertinenziali adibite alla sosta. Questa è certamente la situazione del parcheggio pertinenziale al supermercato del contribuente come da dichiarazione del 1997. Non si può ritenere che sia necessario comprovare l’inutilizzabilità dell’area o l’assenza di presenze umane al fine di escludere la produzione di rifiuti, tanto più che tali elementi non sono richiesti nel regolamento stesso.
Analizzando le sentenze precedenti, la Suprema Corte rileva che i giudici di secondo grado avevano posto alla base della propria decisione, sul piano normativo, i regolamenti comunali nei quali l’Ente, con riferimento alle aree destinate a parcheggio, in considerazione della loro particolare natura, aveva previsto l’esclusione dalla tassa sui rifiuti. Viceversa, il Comune aveva invocato, a sostegno della propria tesi, la normativa generale statale contenuta nell’art. 62, comma 2, d.lgs. n. 507/1993, senza prendere posizione sul regolamento comunale. E’ con riferimento all'art. 62, comma 2, del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, che questa Sezione (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 5047 del 13/03/2015), nell'escludere dall'assoggettamento al tributo i locali e le aree che non possono produrre rifiuti "per il particolare uso cui sono stabilmente destinati", esige che sia provata dal contribuente non solo la stabile destinazione dell'area ad un determinato uso, ma anche la circostanza che tale uso non comporti produzione di rifiuti, affermando, in difetto di tale prova, l'assoggettamento al tributo delle aree destinate a parcheggio, frequentate da persone e, quindi, presuntivamente produttive di rifiuti. Ed è sempre partendo dalla previsione di carattere generale di cui all'art. 62, primo comma, del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, che questa Sezione (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 3772 del 15/02/2013) afferma che sia le deroghe alla tassazione indicate dal secondo comma del medesimo art. 62, sia le riduzioni delle tariffe stabilite dal successivo art. 66 non operano in via automatica, in base alla mera sussistenza delle previste situazioni di fatto, dovendo, invece, i relativi presupposti essere di volta in volta dedotti nella denunzia originaria o in quella di variazione.
La Cassazione afferma che, a titolo esemplificativo, l’art. 6 del regolamento approvato con delibera del Consiglio Comunale, rubricato “Locali ed aree scoperte esclusi dalla tassa”, prevede espressamente che “Non sono soggetti alla tassa i locali e le aree che non possono produrre rifiuti, urbani o assimilati, per loro natura o per il particolare uso cui sono stabilmente destinati, o perché risultino in obiettive condizioni di non utilizzabilità. Presentano tali caratteristiche, a titolo esemplificativo (comma 1): […] k) Aree adibite e destinate in via esclusiva al transito, ed aree adibite e destinate in via esclusiva alla sosta gratuita dei veicoli”.
E’, del resto, lo stesso Comune, da un lato, a riconoscere (cfr. pag. 5 del ricorso) che le riduzioni o esenzioni di natura agevolativa, previste dai commi 659 e 660 dell’art. 1 della L. n. 147 del 2013, […] sono meramente eventuali, e quindi subordinate ad una esplicita previsione del regolamento comunale e, dall’altro, a non disconoscere che l’area scoperta in questione fosse destinata alle manovre e alla sosta gratuita dei veicoli.
In ogni caso, lo scrutinio in ordine alla natura pertinenziale delle aree esterne adibite alla sosta gratuita dei veicoli rappresenta una valutazione di merito insindacabile in sede di legittimità. Senza tralasciare che, essendosi in presenza di una cd. doppia conforme e non avendo la ricorrente neppure dedotto che le due decisioni di merito si fondassero su differenti ragioni inerenti al fatto, sarebbe comunque preclusa una doglianza sul piano motivazionale.
I giudici hanno voluto sottolineare, altresì, che solo al di fuori dei casi di esclusione ex lege della tassazione vale il principio secondo cui, in tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), spetta al contribuente l'onere di fornire all'amministrazione comunale i dati relativi all'esistenza e alla delimitazione delle aree in cui vengono prodotti rifiuti speciali non assimilabili a quelli urbani (da lui smaltiti direttamente, essendo esclusi dal normale circuito di raccolta), che pertanto non concorrono alla quantificazione della superficie imponibile, in applicazione dell'art. 62, comma 3, del d.lgs. n. 507 del 1993, posto che, pur operando anche nella materia in esame il principio secondo il quale spetta all'amministrazione provare i fatti che costituiscono fonte dell'obbligazione tributaria (nella specie, l'occupazione di aree nel territorio comunale), per quanto attiene alla quantificazione del tributo, grava sull'interessato (oltre all'obbligo di denuncia ai sensi dell'art. 70 del d.lgs. n. 507 del 1993) un onere d'informazione, al fine di ottenere l'esclusione delle aree sopra descritte dalla superficie tassabile, ponendosi tale esclusione come eccezione alla regola generale, secondo cui al pagamento del tributo sono astrattamente tenuti tutti coloro che occupano o detengono immobili nel territorio comunale (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 21250 del 13/09/2017; conf. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 2623 del 27/01/2023). Solo in siffatta evenienza l'art. 62, comma 1, del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, pone a carico dei possessori di immobili una presunzione legale relativa di produzione di rifiuti, sicché, ai fini dell'esenzione dalla tassazione prevista dal comma 2 del citato art. 62 per le aree inidonee alla produzione di rifiuti per loro natura o per il particolare uso, è onere del contribuente indicare nella denuncia originaria o in quella di variazione le obiettive condizioni di inutilizzabilità e provarle in giudizio in base ad elementi obiettivi direttamente rilevabili o ad idonea documentazione (Cass., Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 19469 del 15/09/2014; conf. Cass., Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 17622 del 05/09/2016).