Vincoli urbanistici per parcheggi pubblici
Il Consiglio di Stato, con una recente pronuncia, ha fornito importanti chiarimenti sulla natura giuridica dei vincoli urbanistici che destinano aree private alla realizzazione di parcheggi pubblici, confermando l'orientamento consolidato che attribuisce a tali previsioni carattere conformativo e non espropriativo.
La vicenda ha avuto origine dalla contestazione di una proprietaria terriera nei confronti di una variante al Piano di Governo del Territorio che aveva destinato una porzione del suo fondo agricolo alla realizzazione di un parcheggio pubblico. La ricorrente aveva impugnato la delibera di approvazione della variante urbanistica sostenendo che tale destinazione configurasse un vincolo sostanzialmente espropriativo, richiedendo pertanto la previsione di un indennizzo o di adeguate forme compensative.
Il Consiglio di Stato ha ribadito un principio ormai consolidato nella giurisprudenza amministrativa: la destinazione di un terreno privato a parcheggio pubblico, impressa in base a previsioni di tipo urbanistico, non comportando automaticamente l'ablazione dei suoli, ed anzi, ammettendo la realizzazione anche da parte dei privati, in regime di economia di mercato, delle relative attrezzature destinate all'uso pubblico, costituisce un vincolo conformativo e non anche espropriativo della proprietà privata, per cui la relativa imposizione non necessita della contestuale previsione dell'indennizzo, né delle puntuali motivazioni sulle ragioni poste a base della eventuale reiterazione della previsione stessa. Va, infatti, attribuita natura conformativa del diritto di proprietà sui suoli a tutti i vincoli che, oltre a non essere esplicitamente preordinati all'esproprio in vista della realizzazione di un'opera pubblica, neppure si risolvano in una sostanziale ablazione dei suoli medesimi, consentendo al contrario la realizzazione di interventi da parte dei privati (Cons. Stato, Sez. IV, 13 ottobre 2017, n. 4748; Cfr., più di recente,Cons. Stato, Sez. IV, 23 ottobre 2024, n. 8481; Id., 14 marzo 2025, n. 2099).
Secondo il Consiglio di Stato l'aggettivo "pubblico" apposto a fianco del sostantivo "parcheggio" non si riferisce al regime di appartenenza del bene, ma solamente alla sua modalità di fruizione, ossia all'intenzione amministrativa che il parcheggio, ancorché di titolarità di soggetti privati, sia "aperto al pubblico" e soddisfi, quindi, un interesse della collettività. Il parcheggio pubblico può essere, infatti, edificato tanto da soggetti privati, che siano l'attuale proprietario del fondo o che siano terzi che abbiano acquistato – secondo gli ordinari strumenti privatistici –idonei diritti reali sul suolo, quanto dall'amministrazione, che, però, all'uopo dovrà attivare una apposita procedura espropriativa, apponendo – solo in tal caso – il vincolo espropriativo e procedendo alla quantificazione dell'indennità di esproprio o di altre forme di ristorazione, quali i diritti edificato ricompensativi. Frattanto, il terreno è suscettibile di essere adibito a ogni uso che non neutralizzi la futura realizzazione del parcheggio.
Il Consiglio di Stato ha inoltre confermato l'ampia discrezionalità di cui gode l'amministrazione comunale in materia urbanistica. Come già stabilito in precedenza, la destinazione di un'area a parcheggio pubblico rientra nella legittima discrezionalità dell'amministrazione quando sia funzionale a soddisfare concrete esigenze di dotazione di servizi pubblici.
Non costituisce sviamento di potere il fatto che l'istituzione del parcheggio abbia formato inizialmente oggetto di una proposta privata, poiché l'amministrazione comunale può legittimamente avallare e far propria un'iniziativa privata se coincidente con le esigenze della collettività.