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Visto di conformità rilasciato solo da chi invia la dichiarazione

La risoluzione n. 99/e del 29 novembre 2019 dell'Agenzia delle entrate chiarisce, sulla base della normativa di riferimento, che il soggetto che appone il visto di conformità deve predisporre e trasmettere la dichiarazione dal quale discende il credito che si utilizzerà poi in compensazione orizzontale. 
Il visto di conformità ha assunto nel tempo sempre maggiore rilevanza poiché non solo attesta la "conformità" dei dati contenuti nelle dichiarazioni alla "relativa documentazione e alle risultanze delle scritture contabili, nonché di queste ultime alla relativa documentazione contabile" [cfr. articolo 35, comma 1, lettera a) del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241], ma è anche strumentale ad  ttenere l’esonero dalla prestazione della garanzia in caso di  richiesta di rimborso dell’eccedenza a credito IVA superiore a 30.000 euro (cfr. articolo 38-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633) ovvero ad utilizzare in compensazione i crediti emergenti dalle dichiarazioni fiscali per importi superiori a 5.000 euro (cfr. articolo 10, comma 7 del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, e articolo 1, comma 574, della legge 27 dicembre 2013, n. 147). 
In caso di violazione delle regole previste, il contribuente deve:
• deve produrre idonea garanzia per ottenere il rimborso dei crediti IVA [cfr. articolo 38-bis, comma 4, lettera c), del d.P.R. n. 633 del 1972];
• è sanzionabile ai sensi dell’articolo 13, comma 4, del d.lgs. n. 471 del 1997, con conseguente recupero del credito superiore a 5.000 euro, utilizzato in compensazione in violazione dell’articolo 10, comma 7, del d.l. n. 78 del 2009 o dell’articolo 1, comma 574, della legge n. 147 del 2013.
Quanto poi al soggetto che ha apposto un visto su una dichiarazione poi non trasmessa dallo stesso oppure trasmesso una dichiarazione dallo stesso non vistata, trovano applicazione rispettivamente l’articolo 39 del d.lgs. n. 241 del 1997, come modificato dall’articolo 7-bis, comma 1, lettera a) del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, che disciplina, appunto, l’ipotesi di rilascio infedele del visto di conformità, nonché  l’eventuale sospensione e inibizione dalla facoltà di rilasciare il visto di conformità previste nelle ipotesi individuate dal medesimo articolo.
Con riferimento alle condotte già poste in essere, gli uffici competenti valuteranno caso per caso la sussistenza dei presupposti per l’applicazione del comma 3 dell’articolo 10 (Tutela dell'affidamento e della buona fede. Errori del contribuente) della legge 27 luglio 2000, n. 212, e del comma 2 dell’articolo 6 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, secondo cui "Non è punibile l'autore della violazione quando essa è determinata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferiscono, nonché da indeterminatezza … dei modelli per la dichiarazione …". 
Va evidenziato, con riferimento agli enti locali, che l'Agenzia delle entrate ha incluso i revisori tra i soggetti che possono apporre il visto di conformità per gli enti controllati (Risoluzione 90/E del 2010), ancorché si sono sempre sollevati dubbi su eventuali profili di incompatibilità. La possibilità di affidare l'incarico ai revisori per l'apposizione del visto di conformità è stata, comunque, ammessa dalla Corte dei conti, sez. di controllo per il Trentino Alto Adige - Sudtirol nella Deliberazione n. 1/2018/PAR.
Tuttavia, l'obbligo di coincidenza tra il soggetto che predispone ed invia la dichiarazione e quello che la sottoscrive ai fini del rilascio del visto appare nuovamente confliggere con il ruolo dei revisori contabili.
Per gli anni precedenti, tuttavia, qualora si fosse aderito alla risoluzione n. 90/E/2010) pare sussistere quella condizione di incertezza che esclude l'applicazione di sanzioni.