Quesito

Si verificano sempre più spesso situazioni in cui l’ufficio Anagrafe attribuisce due stati di famiglia diversi nello stesso immobile, dal momento che non esiste una legame di parentela tra il proprietario dell’immobile e la persona ospitata.

Fino ad ora, ai fini dell’applicazione della TARIFFA RIFIUTI, abbiamo sempre richiesto alla persona ospitata di attivare una autonoma denuncia della TARI, andando contestualmente a decurtare la parte di metratura dichiarata dall’ospite dalla denuncia originaria del proprietario dell’immobile. Questo sistema ci ha sempre consentito di monitorare in maniera dettagliata gli spostamenti anagrafici sul territorio comunale, ritenendolo molto più idoneo e funzionale rispetto all’aumento del numero di componenti del nucleo famigliare del proprietario dell’immobile.

Il vigente regolamento comunale TARI nulla prevede in merito e ci chiediamo se esistano delle disposizioni nazionali o giudiziarie in tal senso.“

Risposta

Visti:

-l’art. 1, commi 639 e seguenti, della Legge 27 dicembre 2013, n. 147;

-il D.P.R. 27 aprile 1999, n. 158;

-l’art. 3 del Regolamento comunale per l’istituzione e l’applicazione della TARI del Comune;

-l’art. 4 del Regolamento comunale per l’istituzione e l’applicazione della TARI del Comune;

-l’art. 8 del Regolamento comunale per l’istituzione e l’applicazione della TARI del Comune;

-l’art. 16 del Regolamento comunale per l’istituzione e l’applicazione della TARI del Comune;

-la sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, n. 4223/2017;

Ci pregiamo di osservare quanto segue.

L’articolo 3 del Regolamento comunale del Vs Comune stabilisce che “presupposto per l’applicazione del tributo è il possesso, l’occupazione o la detenzione, a qualsiasi titolo e anche di fatto, di locali o di aree suscettibili di produrre rifiuti urbani e assimilati”. Il medesimo articolo precisa inoltre che “la presenza di arredo oppure l’attivazione anche di uno solo dei pubblici servizi di erogazione idrica, elettrica, calore, gas, telefonica o informatica costituiscono presunzione semplice dell’occupazione o conduzione dell’immobile e della conseguente attitudine alla produzione di rifiuti”. Tale formulazione consente di affermare che il presupposto impositivo si fonda sulla reale utilizzazione del locale, indipendentemente dal numero o dalla composizione anagrafica dei nuclei familiari.

L’articolo 4 dispone che “il tributo è dovuto da chiunque possieda, occupi o detenga a qualsiasi titolo gli immobili di cui al comma 1 dell’articolo 3”, prevedendo espressamente un “vincolo di solidarietà tra i componenti del nucleo familiare o tra coloro che usano in comune i locali o le aree stesse”. Il regolamento, dunque, non limita l’obbligazione al solo nucleo anagrafico, ma la estende a tutti coloro che usufruiscono in comune dei locali, includendo implicitamente anche soggetti non legati da rapporti di parentela ma conviventi o coabitanti.

L’articolo 8, nel disciplinare la tariffa per le utenze domestiche, prevede che “il numero di componenti del nucleo familiare viene acquisito d’ufficio dall’anagrafe comunale”. Tuttavia, la stessa disposizione introduce un meccanismo alternativo per i casi in cui il dato anagrafico non rifletta la reale situazione di utilizzo, stabilendo che “per le utenze domestiche condotte da soggetti non residenti nel comune (…) il numero degli occupanti viene calcolato in base alla metratura dell’immobile secondo parametri predeterminati, salvo prova contraria a carico del contribuente”.

Questo passaggio conferma che il regolamento riconosce all’Amministrazione il potere di utilizzare criteri presuntivi e di considerare la reale situazione di fatto, quando l’anagrafe non è sufficiente a rappresentarla.

Particolare rilievo assume anche l’articolo 16, comma 2, secondo cui “nel caso di occupazione in comune di un fabbricato, la dichiarazione può essere presentata anche da uno solo degli occupanti”. Tale previsione, pur non imponendo una denuncia autonoma per ogni occupante, non esclude affatto la possibilità che più soggetti presentino dichiarazioni distinte, soprattutto laddove la coabitazione comporti una separazione organizzativa degli spazi o una gestione autonoma delle utenze.

Alla luce di tali disposizioni, risulta che il Regolamento TARI del Comune in esame non vieta né limita la presentazione di dichiarazioni autonome per soggetti conviventi nello stesso immobile, ma anzi la consente e la legittima come modalità idonea a rappresentare la reale situazione di occupazione e ad assicurare la corretta imputazione della tariffa.

Inoltre, il principio espresso dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 4223/2017 e ribadito da diverse pronunce del TAR Lombardia impone ai Comuni di garantire che la tariffa sia commisurata all’effettivo utilizzo del servizio, riconoscendo ampia discrezionalità nella scelta dei criteri applicativi, purché motivati e coerenti con la realtà fattuale.

Ne consegue che la scelta dell’Ente di richiedere all’ospite residente non familiare la presentazione di una denuncia TARI autonoma, con contestuale riduzione della superficie dichiarata dal proprietario, è perfettamente coerente con i principi di ragionevolezza, equità e proporzionalità richiamati dalla giurisprudenza.

Alla luce del quadro normativo e regolamentare vigente, la prassi seguita dal Comune in questione, consistente nel richiedere all’ospite residente nello stesso immobile ma non legato da vincoli di parentela la presentazione di una autonoma dichiarazione TARI e nel ridurre la superficie imponibile imputata al proprietario, risulta conforme agli articoli 3, 4, 8 e 16 del Regolamento comunale, coerente con i principi sanciti dalla Legge n. 147/2013 e dal D.P.R. 158/1999 e supportata dagli orientamenti giurisprudenziali (Cons. Stato, Sez. V, n. 4223/2017; TAR Lombardia n. 1775/2021 e n. 2284/2022), che privilegiano la situazione di fatto rispetto alle mere risultanze anagrafiche.

Si ritiene pertanto corretta la prosecuzione dell’attuale modalità di gestione delle posizioni TARI, in quanto idonea a garantire un’applicazione equa e proporzionata del tributo, fermo restando il potere dell’Ente di verificare la reale situazione abitativa attraverso gli strumenti di accertamento di cui all’art. 19 del regolamento.