Quesito

“Impianto sportivo dato in concessione ad una società sportiva calcistica A.S.D.

Il canone di concessione venne nel 2017 portato da € 580,00 oltre IVA ad € 3.500 oltre IVA a seguito delle migliorie apportate alla struttura ed alla realizzazione di un bar interno.

Le medesime condizioni sono state confermate e rinnovate a scadenza nel 2024 per espressa volontà di rinnovo dalla medesima società.

Ora, la società chiede la revisione in diminuzione dell’importo del canone annuo per difficoltà economiche a provvedere al pagamento. L’Amministrazione ha manifestato la volontà di ridurre il canone a € 1.000 oltre IVA.

Si chiede se sia possibile e quali condizioni si debbano soddisfare affinché l’accoglimento sia legittimo. Si precisa che l’entrata a bilancio è prevista in apposito capitolo rilevante ai fini IVA consentendo all’Ente il recupero dell’IVA nella relativa spesa (al titolo 2 man. straordinaria).”

Risposta

Visto

-Artt. 2, 3 e 4 del DPR n. 633/1972; artt. 2 e 9, Direttiva UE 2006/112/CE

-sentenza della Corte di cassazione n. 20713/2014;

-Sentenze della Corte Giustizia UE: causa C-520/2014

Si ritiene che:

in riferimento al quesito da Lei posto, relativo alla possibilità di ridurre il canone di concessione per l'impianto sportivo gestito dall'A.S.D. , Le confermiamo la fattibilità dell'operazione, ma con le dovute cautele fiscali che andremo ad esaminare.

La Vostra esigenza è duplice:

1.Ridurre il carico economico per l'A.S.D. portando il canone da € 3.500 a € 1.000 annui.

2.Mantenere la rilevanza IVA dell'entrata, al fine di preservare il diritto alla detrazione dell'IVA sugli acquisti (es. manutenzione straordinaria).

La riduzione del canone, sebbene legittima sul piano contrattuale, rischia di intaccare il requisito dell'onerosità, presupposto oggettivo fondamentale per la rilevanza IVA dell'operazione. In particolare, l’art. 3, secondo comma, n. 1), DPR n. 633/1972 dispone che costituiscono prestazioni di servizi, se effettuate verso corrispettivo, “le concessioni di beni in locazione, affitto, noleggio e simili”.

La giurisprudenza europea ha chiarito che il prezzo di un servizio deve essere effettivo e reale, non simbolico, altrimenti i proventi riscossi non sono rilevanti ai fini IVA, con conseguente indetraibilità dell'IVA sugli acquisti1. Tuttavia, la Corte di cassazione ha precisato che anche un introito esiguo è sufficiente per l'applicazione dell'IVA, purché non manchi nessun altro presupposto impositivo (Cfr. Cass., sentenza n. 20713/14)2.

Analizziamo quindi le possibili soluzioni alla luce della criticità esposta:

1: rinegoziazione del canone (modifica convenzione)

Questa soluzione prevede la modifica consensuale dell'Art. 2 della convenzione per ridurre il canone a € 1.000 + IVA.

  • Il rapporto tra Comune e A.S.D. è disciplinato da una "convenzione-contratto". Come in ogni rapporto contrattuale sinallagmatico, le parti possono consensualmente accordarsi per modificarne i termini (in questo caso, l'art. 2 della convenzione).
  • La riduzione deve essere motivata non dalla mera difficoltà economica del gestore, ma dal superiore interesse pubblico che l'Amministrazione persegue. La convenzione stessa offre solide basi, identificando l'A.S.D. come ente non profit che persegue finalità di "crescita sociale ed educativa dei giovani" e che l'Ente "intende favorire". La riduzione è, quindi, uno strumento per garantire la continuità di un servizio ad alta valenza sociale.
  • Sebbene la Cassazione abbia in passato ammesso la rilevanza IVA anche a fronte di un "introito esiguo", la giurisprudenza Unionale è più rigida. L’Amministrazione Finanziaria potrebbe contestare che € 1.000 sia un canone "simbolico" rispetto al valore dell'impianto, portando all'"estromissione" del bene dalla sfera commerciale, con conseguente indetraibilità dell'IVA sugli acquisti (manutenzioni) e potenziale rettifica della detrazione per gli anni passati, se nei termini.

Sebbene questa sia una soluzione possibile sul piano amministrativo potrebbe risultare fiscalmente rischiosa. Se intrapresa, la delibera di modifica dovrà motivare in modo estremamente robusto la congruità del canone ridotto non in termini di mercato, ma in relazione alla specifica natura "sociale" del rapporto concessorio.

2: mantenimento canone ed erogazione contributo

Questa soluzione, è quella più frequentemente utilizzata dai Comuni per far fronte ad esigenze simili, e prevede di lasciare invariato il canone e attivare un flusso finanziario separato.

1.L'A.S.D. continua a versare il canone previsto dall'Art. 2 della convenzione, pari a € 3.500 + IVA.

2.L'Amministrazione eroga, con un atto separato, un contributo di € 2.500 all'A.S.D.

Questa impostazione è dal punto di vista fiscale più solida. Mantenendo il canone allo stesso livello si consolida il requisito dell’onerosità; pertanto, il rapporto resta commerciale e il diritto alla detrazione IVA per l'Ente è preservato.

  • La stessa convenzione, all'Art. 14, offre la base giuridica al riconoscimento di un contributo, stabilendo che "Il Comune per agevolare la pratica sportiva potrà sostenere con contributi economici la stessa, sulla base di precisi programmi finalizzati alle attività giovanili".
  • Quando coesistono un canone e un contributo, è fondamentale che i due flussi sia distinti e scollegati tra loro. L'atto di erogazione del contributo dovrà essere esplicitamente motivato ai sensi dell'Art. 14 e delle premesse della convenzione: "Sostegno alle attività giovanili e sociali svolte dall'A.S.D., messe a rischio dalle documentate difficoltà economiche, al fine di garantirne la continuità a beneficio della collettività".

Questa soluzione raggiunge lo stesso obiettivo finanziario per l'A.S.D., ma elimina il rischio fiscale per il Comune, mantenendo una netta e corretta separazione tra l'entrata commerciale (canone) e la spesa istituzionale/sociale (contributo).