Visti:
-
l’art. 825, Codice Civile;
-l’art. 2, Regolamento per l’istituzione e la disciplina del canone unico patrimoniale del Comune in questione;
-l’art. 3, Regolamento per l’istituzione e la disciplina del canone unico patrimoniale di questo ente;
-l’art. 7, del Regolamento per l’istituzione e la disciplina del canone unico patrimoniale del Comune in esame.
Ci pregiamo di osservare quanto segue.
In primis occorre identificare se l’area in cui si effettua la somministrazione è ad uso pubblico. Per fare ciò bisogna andare a riprendere l’articolo 825 del Codice Civile nel quale si può leggere che “Sono parimenti soggetti al regime del demanio pubblico, i diritti reali che spettano allo Stato, alle province e ai comuni su beni appartenenti ad altri soggetti, quando i diritti stessi sono costituiti per l'utilità di alcuno dei beni indicati dagli articoli precedenti o per il conseguimento di fini di pubblico interesse corrispondenti a quelli a cui servono i beni medesimi”, perciò un'area privata si considera ad uso pubblico quando un'indeterminata collettività di persone la utilizza in modo generale per soddisfare esigenze di interesse pubblico, e non solo per utilità privata dei singoli.
Laddove il caso in questione fosse quello appena descritto si può osservare che l’occupazione suolo su area privata viene definita in maniera scrupolosa anche sul regolamento comunale del canone unico, in particolare l’articolo 2 definisce l’occupazione come “l’occupazione di spazi appartenenti al demanio e al patrimonio indisponibile degli enti locali, come strade, corsi, piazze, portici, parchi e giardini, spazi sovrastanti e sottostanti il suolo pubblico, comprese condutture e impianti, aree private gravate da servitù di passaggio anche mediante servitù di uso pubblico c.d. dicatio ad patriam consistente nel comportamento del proprietario che, seppur non intenzionalmente diretto a dar vita al diritto di uso pubblico, mette volontariamente, con carattere di continuità un proprio bene a disposizione della collettività, assoggettandolo al correlativo uso, al fine di soddisfare un’esigenza comune ai membri di tale collettività, indipendentemente dai motivi per i quali detto comportamento venga tenuto, dalla sua spontaneità e dallo spirito che lo anima”.
Per individuare il presupposto impositivo si può ancora fare riferimento al regolamento comunale, il quale all’articolo 3 chiarisce che “Il canone è dovuto per l’occupazione, anche abusiva, delle aree appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile degli enti e degli spazi soprastanti o sottostanti il suolo pubblico. Il canone si intende dovuto anche per l’occupazione di spazi ed aree private soggette a diritti demaniali quali, ad esempio, le strade vicinali soggette a diritto di pubblico passaggio” evidenziando che, seppur l’area fosse privata, il canone è dovuto nel momento in cui la stessa gode di diritti demaniali.
Nel caso fin qui descritto l’autorizzazione è necessaria come si evince dall’articolo 7 del regolamento comunale, il quale recita “L’occupazione di strade, di spazi ed aree pubbliche o di aree private gravate da servitù di pubblico passaggio è consentita solo previo rilascio di un provvedimento espresso di concessione. Chiunque intenda occupare nel territorio comunale spazi ed aree deve presentare apposita istanza secondo la modulistica e le indicazioni definite dagli uffici competenti, in ragione della tipologia di occupazione.”
Infine, la concessione può essere rilasciata dal Comune facendo salvi gli eventuali diritti di terzi e non esime gli interessati dall’acquisizione del nulla osta di competenza di altri soggetti pubblici o privati, per cui si reputa necessario acquisire il nulla osta da parte del proprietario dell’area da parte di chi deve effettuare l’occupazione.