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Incentivi funzione tecniche su affidamento diretto non deve causare maggiori oneri alla finanza pubblica

ANAC ha risposto a quesito in ordine alle previsioni recate dall’art. 45 del d.lgs. 36/2023, con riferimento alla possibilità di riconoscere gli incentivi per funzioni tecniche al personale dell’ente, nel caso in cui il contratto pubblico sia concluso a seguito di affidamento diretto.

Può osservarsi – rileva l’Autority - che a differenza del previgente art. 113 del d.lgs. 50/2016 - il quale faceva espresso riferimento, ai fini della determinazione dell’incentivo, all’importo dei lavori, servizi e forniture, “posti a base di gara” - l’art. 45 del d.lgs. 36/2023, fa ora riferimento, a tali fini, all'importo dei lavori, dei servizi e delle forniture, posto a base “delle procedure di affidamento del contratto”.

La norma, quindi, è ora genericamente riferita a tutte le procedure di affidamento, includendo quindi anche l’affidamento diretto, e non solo alla “gara”, intesa come procedura competitiva.

Tuttavia, l’art. 228 (Clausola di invarianza finanziaria) del d.lgs. 36/2023, in relazione alla disciplina sopra illustrata, dispone «1. Dall'attuazione del presente codice e dei suoi allegati non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. 2. Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti previsti dal presente codice e dai suoi allegati con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente».

Come evidenziato negli atti preparatori del nuovo Codice dei contratti pubblici, «lo schema di decreto in esame è assistito da una generale clausola di invarianza, applicabile per espressa previsione all’intero provvedimento» (dossier atto Governo n. 19 del 31.1.2023). Si tratta quindi di una clausola riferita non specificamente alla disciplina in tema di incentivi per funzioni tecniche, ma all’intero provvedimento normativo.

La delimitazione dell’invarianza finanziaria ad uno specifico aggregato di spesa impone alle amministrazioni nel prevedere una maggiore o nuova spesa, di essere in grado di far fronte a tale spesa con le risorse ordinarie già stanziate in bilancio, con la conseguenza di assicurare un sicuro mantenimento dell’equilibrio finanziario pluriennale di parte corrente. (…). Secondo l’art. 81, comma 3, della Costituzione, infatti, il legislatore può introdurre nuovi o maggiori oneri solo indicando in modo specifico, anticipato e credibile, i mezzi per farvi fronte. Nel caso in cui il legislatore ritenga che dalla norma non debbano discendere nuovi oneri finanziari deve, dandone adeguata dimostrazione nella relazione illustrativa che accompagna la norma, introdurre la clausola di invarianza finanziaria, secondo cui dalla nuova disposizione non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Tale clausola, che, secondo quanto ribadito a più riprese dalla Corte costituzionale, non può tradursi in una clausola di mero stile, pena l’illegittimità costituzionale della norma stessa, impone a tutti i soggetti chiamati a darle concreta applicazione di assicurarne l’effettiva neutralità finanziaria. Tale neutralità deve essere valutata con riferimento al bilancio complessivo dell’ente, che, anche a seguito dell’applicazione della norma, deve restare in equilibrio» (Corte dei Conti, sez. Autonomie, deliberazione n. 17/SEZAUT/2021/QMIG del 6.10.2021).

In risposta al quesito, ANAC evidenzia quindi che l’art. 228 del d.lgs. 36/2023 in relazione alla disciplina recata dall’art. 45 del Codice, richiede che l’applicazione della norma avvenga nel rispetto del principio di invarianza finanziaria, garantendo quindi l’equilibrio di bilancio, nel senso indicato dal giudice contabile.