ANAC ordina l'annullamento in autotutela di gara da 17,8 milioni per gravi violazioni del Codice degli Appalti
L'Autorità Nazionale Anticorruzione ha emesso un parere motivato ai sensi dell'articolo 220, comma 3, del decreto legislativo 36/2023 con cui ordina l'annullamento in autotutela di una procedura di gara per l'affidamento del servizio integrato di igiene urbana del valore di 17.820.000 euro, pubblicata il 21 luglio 2025 da una Centrale Unica di Committenza su delega di un comune del Sud del Lazio.
Con delibera n. 408 del 22 ottobre 2025, il Consiglio dell'ANAC ha evidenziato "la sussistenza di rilevanti criticità, alcune delle quali qualificabili come gravi violazioni" del Codice degli Appalti, configurando un caso di violazione sistematica dei principi fondamentali che governano gli affidamenti pubblici. Le violazioni più gravi riguardano i requisiti di partecipazione previsti nel disciplinare di gara, in contrasto con il principio di tassatività sancito dall'articolo 100 del decreto legislativo 36/2023, che rappresenta uno dei pilastri del nuovo sistema degli appalti pubblici volto a garantire la massima partecipazione e concorrenza.
L'Autorità ha rilevato che il disciplinare richiedeva illegittimamente un'esperienza pregressa nel settore limitata all'ultimo triennio, anziché agli ultimi dieci anni come espressamente previsto dalla normativa, insieme a certificazioni ISO aggiuntive non contemplate dal Codice, un fatturato specifico anziché globale e referenze bancarie non previste dalla legge. Come chiarito dalla consolidata giurisprudenza amministrativa, le cause di esclusione, in applicazione dell'art. 10 del D.Lgs. 36/2023, non possono essere interpretate in via estensiva, e la previsione di requisiti ulteriori o più stringenti rispetto a quelli tipizzati dall'ordinamento determina un evidente effetto limitativo della concorrenza, compromettendo l'obiettivo primario di garantire la più ampia partecipazione degli operatori economici alle procedure di affidamento.
L'articolo 100, comma 12, del Codice degli Appalti stabilisce con chiarezza che "salvo quanto previsto dall'articolo 102 o da leggi speciali, le stazioni appaltanti richiedono esclusivamente i requisiti di partecipazione previsti dal presente articolo", configurando un sistema tassativo che non ammette deroghe o interpretazioni estensive. La norma, come modificata dal decreto correttivo n. 209/2024, prevede inoltre che per i servizi e le forniture le stazioni appaltanti possano richiedere "un fatturato globale non superiore al doppio del valore stimato dell'appalto, maturato nei migliori tre anni degli ultimi cinque anni precedenti a quello di indizione della procedura" e che gli operatori economici possano essere chiamati a dimostrare "di aver eseguito negli ultimi dieci anni dalla data di indizione della procedura di gara contratti analoghi".
Oltre alle gravi violazioni sui requisiti di partecipazione, che da sole giustificherebbero l'intervento dell'Autorità, ANAC ha evidenziato un quadro complessivo di irregolarità che aggrava ulteriormente la posizione della stazione appaltante. Il disciplinare richiedeva erroneamente il possesso dei requisiti di ordine generale solo in capo al consorzio e alle consorziate esecutrici, in palese violazione dell'articolo 67, comma 3, del Codice, che prevede inequivocabilmente che tali requisiti siano posseduti sia dalle consorziate esecutrici che da quelle che prestano i requisiti, configurando un sistema di responsabilità solidale che non può essere derogato dalla lex specialis di gara.
Particolarmente significativo appare il profilo relativo alla qualificazione delle stazioni appaltanti, dove emerge che il comune delegante risulta qualificato solo per affidamenti fino a 5 milioni di euro (SF2), mentre l'appalto ha un valore di 17,8 milioni, richiedendo una qualificazione SF1 che l'ente non possiede. Inoltre, la CUC non ha nominato un proprio RUP come richiesto dall'articolo 62 del Codice, configurando una violazione delle norme sulla responsabilità procedurale che compromette la regolarità dell'intero affidamento. L'Autorità ha più volte precisato, attraverso le delibere 195/2024 e 465/2024, che in caso di gara su delega l'intera fase di affidamento deve essere svolta dall'ente delegato, che ne deve assumere formalmente e sostanzialmente la responsabilità.
La documentazione di gara presenta inoltre contraddizioni significative nell'applicazione dei Criteri Ambientali Minimi, facendo riferimento contemporaneamente sia alla versione aggiornata del DM 7 aprile 2025 che a quella precedente del DM 23 giugno 2022, in violazione dell'articolo 57, comma 2, del Codice, che impone il rispetto obbligatorio dei CAM vigenti. Tale contraddizione non rappresenta un mero errore materiale, ma evidenzia una carenza nella predisposizione della documentazione di gara che può generare incertezze interpretative negli operatori economici e compromettere la chiarezza delle prescrizioni contrattuali.
Ulteriore elemento di criticità emerge dalla preclusione del subappalto a cascata operata dal disciplinare senza fornire l'adeguata motivazione richiesta dall'articolo 119, comma 17, del Codice, che consente tale limitazione solo "in ragione delle specifiche caratteristiche dell'appalto e dell'esigenza, tenuto conto della natura o della complessità delle prestazioni o delle lavorazioni da effettuare, di rafforzare il controllo delle attività di cantiere e più in generale dei luoghi di lavoro o di garantire una più intensa tutela delle condizioni di lavoro e della salute e sicurezza dei lavoratori oppure di prevenire il rischio di infiltrazioni criminali".
ANAC ha assegnato un termine perentorio di 20 giorni dalla ricezione del parere per procedere all'annullamento di tutti gli atti di gara, "con avvertenza che, in mancanza, l'Autorità sarà legittimata ad impugnare la documentazione di gara esaminata", configurando un ultimatum che evidenzia la gravità delle violazioni accertate.
La vicenda sottolinea l'efficacia dell'azione di vigilanza dell'ANAC nel garantire il rispetto della legalità negli appalti pubblici e la corretta applicazione dei principi di trasparenza e concorrenza che ispirano il nuovo Codice degli Appalti, dimostrando come l'Autorità eserciti i propri poteri non in chiave meramente sanzionatoria ma nell'ottica di una vigilanza collaborativa finalizzata a prevenire irregolarità e garantire procedure conformi ai principi dell'ordinamento europeo e nazionale.