Mancata registrazione fatture d’acquisto: detrazione persa e sanzione
La Risposta n. 115/2025 torna sull’annoso tema della possibilità di esercitare il diritto alla detrazione in caso di mancata annotazione delle fatture d’acquisto nei termini e sulle sanzioni applicabili sancendo, in maniera chiara, l’impossibilità di detrarre l’IVA per le fatture non registrate, ma ribadendo l’applicazione “in ogni caso” della sanzione nel caso di mancata annotazione delle fatture d’acquisto nei termini.
La questione nasce dal combinato disposto degli artt. 19 e 25 del Decreto IVA, come modificati dal 1° gennaio 2018, con la previsione di un termine massimo per l’esercizio della detrazione IVA correlato anche alla registrazione delle fatture. La circolare n. 1/E/2018 aveva aperto alla possibilità di esercitare il diritto alla detrazione anche oltre il termine della data di presentazione della dichiarazione relativa all'anno in cui si sono verificati entrambi i presupposti di ricezione fattura ed esigibilità IVA - e con riferimento al medesimo anno -garantendo il principio di effettività e neutralità “con l'istituto della dichiarazione integrativa di cui all'articolo 8, comma 6bis, del d.P.R. n. 322 del 1998 (c.d. dichiarazione integrativa a favore), con la quale, in linea generale, è possibile correggere errori od omissioni che hanno determinato l'indicazione di un maggiore imponibile, di un maggiore debito d'imposta o di una minore eccedenza detraibile” precisando: “Così, il soggetto passivo cessionario/committente, che non abbia esercitato il diritto alla detrazione dell'IVA assolta sugli acquisti documentati nelle fatture ricevute nei termini anzidetti, può recuperare l'imposta presentando la menzionata dichiarazione integrativa di cui all'articolo 8, comma 6bis, del d.P.R. n. 322 del 1998, non oltre i termini stabiliti dall'articolo 57 del d.P.R. n. 633 del 1972 (vale a dire entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione).”
Tale "apertura", non desumibile dal tenore delle norme, ha però lasciato aperto lo spiraglio di un esercizio tardivo della detrazione con integrativa, anche in caso di mancata registrazione, pur con il versamento di una sanzione che però non era chiaramente applicabile alle fatture d'acquisto.
Nel caso di specie, una Società riteneva possibile presentare una dichiarazione integrativa senza pagare alcuna sanzione, in assenza di danno all’erario (non avendo esercitato il diritto alla detrazione), per alcune fatture ricevute nell'anno di imposta 2023 e non registrate nei registri IVA, né in apposito sezionale, nei termini di presentazione della dichiarazione. In particolare, evidenziava che: “l'iva su tali fatture pur essendo detraibile non è stata inserita nella dichiarazione iva per l'anno 2023 per mero errore materiale”.
Tuttavia, l’Agenzia evidenzia che per la dichiarazione integrativa “alle ipotesi dell'errore e dell'omissione sopra citate deve, tuttavia, tenersi distinto il mero ripensamento sull'indicazione di precise scelte già operate da parte del contribuente in sede di dichiarazione. [...] Tali opzioni [...], anche se inserite in manifestazioni non dispositive o, per usare un termine comune in dottrina in «dichiarazioni di scienza» quali le dichiarazioni dei redditi, al pari di qualsiasi altra manifestazione di volontà negoziale non possono essere «rettificate» che in presenza di dolo, violenza o errore. In particolare l'errore, quale vizio della volontà, deve possedere i requisiti della rilevanza e dell'essenzialità e non deve cadere sui «motivi» della scelta, vale a dire sulle mere finalità che hanno indotto il contribuente a porre in essere un determinato comportamento”.
Di conseguenza, si può ricorrere alla dichiarazione integrativa nella sola ipotesi in cui il contribuente, "pur avendo ricevuto e registrato la fattura di acquisto - adempimento propedeutico all'esercizio del diritto alla detrazione- per mero errore, non abbia esercitato tale diritto tempestivamente". Diversamente, come nel caso di specie, pur avendo a disposizione le fatture d'acquisto e con IVA esigibile, il contribuente “ha omesso di registrarle e di detrarre nei termini stabiliti dal citato articolo 19 la relativa IVA, rinunciando così definitivamente a tale diritto. In tale circostanza resta preclusa la possibilità di presentare una dichiarazione integrativa ai sensi e per gli effetti del citato articolo dall'articolo 8, comma 6bis, in quanto in tale comportamento non sono ravvisabili gli estremi dell'errore rilevante ed essenziale”.
Infine, l’Agenzia conclude - facendo proprio quanto già precisato nella Risposta 479/2023 - che “l'obbligo di registrazione delle fatture d'acquisto, previsto dall'articolo 25, comma 1, del decreto IVA, ricorre in ogni caso ed entro termini ben definiti”. Quindi, nelle ipotesi di violazione del termine di registrazione delle fatture d’acquisto “resta, pertanto, applicabile la sanzione di cui all'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471 (dovuta nella misura fissa da euro 250 a euro 2.000 quando la violazione non ha inciso sulla corretta liquidazione del tributo), comunque ravvedibile in base all'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472”.
A parere di chi scrive, se collegare la detrazione alla registrazione nei termini della fattura appare un elemento che, opinabile o meno, risulta relativamente chiaro nella normativa nazionale, sanzionare l'omessa registrazione con una ulteriore sanzione, seppur fissa, in mancanza di un esercizio alla detrazione appare probabilmente eccessivo. Va tenendo conto che l'omessa registrazione potrebbe condurre, in casi di accertamento, anche ad altre violazioni di carattere reddituale parimenti sanzionate, senza dover introdurre ulteriori oneri.
L'orientamento dell'Agenzia delle entrate deve comunque indurre gli enti a porre comunque sempre più maggiore attenzione al censimento delle fatture "commerciali", anche oltre l'importanza di individuare correttamente l'IVA detraibile. Deve però rilevarsi come, nella prassi, spesso si rinunci alla registrazione e quindi all'esercizio della detrazione, per motivazioni di natura contabile oppure di costo-opportunità che non dovrebbero essere sanzionate. La rinuncia alla detrazione (e quindi dovrebbe concludersi alla registrazione) è infatti esercizio di una facoltà, risultando bizantino subordinare comunque lo stesso all'annotazione nei registri per evitare una (ulteriore) sanzione fissa in mancanza di un vero danno o limitazione al potere di "controllo" dell'Agenzia delle entrate.